giovedì 10 ottobre 2013

L'Appeso o il senso del tempo

l'Appeso del mazzo Visconti -Sforza
Autunno: fine del ciclo annuale. Si bruciano le stoppie, si immagazzinano le scorte, si ara la terra pronta per una nuova semina, è tempo di contrazione e meditazione.
Il sole, nel suo cammino lungo l'eclittica, che come un pendolo disegna il perpetuarsi delle stagioni, ricorda, agli equinozi, quando il giorno e la notte sono in equilibrio, la posizione verticale di un impiccato. E proprio un impiccato vediamo sulla dodicesima lama dei tarocchi, la più inquietante dell'intero mazzo: un uomo a testa in giù, appeso per una gamba con le mani legate dietro la schiena.
Storicamente rappresenta la pena che era riservata ai traditori (fonti ricordano un setaiolo appeso per un piede perché aveva rivelato i segreti della sua arte ad una città straniera) e ai debitori.
Nella maggior parte dei mazzi, sta appiccato per la gamba destra, mentre la sinistra è piegata all'indietro, a formare una croce. La posizione delle gambe è la stessa che si vede nella carta dell'imperatore (anche se qui è la destra ad essere ripiegata in avanti) e che ritorna figura femminile incorniciata nell'ultima lama, il Mondo.
Sebbene rappresenti un supplizio, l'immagine non dà un'idea di morte, e a guardarla bene, non suggerisce nemmeno staticità: la figura dell'impiccato, oscillando come un pendolo avanti e indietro, raggiunge la sua velocità massima proprio quando è in posizione verticale.
Nella mitologia greca sono diversi i personaggi, anche divinità, che morirono impiccati: Arianna, Erigone, Elena, persino Artemide, venerata come Impiccata a Knodylea in Arcadia, mentre nel mondo celtico fu Odino a restare appeso ad un albero per nove notti, ferito dalla sua stessa lancia. Sono rappresentazioni che alludono ai cicli della natura e al suo continuo rinnovarsi: il supplizio dell'Appeso quindi non può che rimandarci ad una morte simbolica, ad una fine della materia, che però prelude allo splendore dello spirito. In uno dei primi mazzi di tarocchi, il Visconti- sforza che risale al XV secolo, il personaggio impiccato indossa pantaloni verdi, colore che allude alla vegetazione; invece, nel famoso mazzo di Wirth, dell'inizio del Novecento, tiene sotto le braccia due borse dalle quali escono monete d'oro e la giubba, con cui è vestito, alterna i colori rosso e bianco.
l'Appeso di Wirth
Il rosso rappresenta la Fede che deve essere vigile, attiva, per scegliere, (ed in effetti in autunno, una volta immagazzinate le riserve, si scelgono i semi per il nuovo raccolto), ma anche pronta all'accoglienza come suggerisce il colore bianco "verginale" come vergine è la terra che sta per essere fecondata.
Le monete, che cadono dalle borse o dalle tasche dell'Appeso, alludono allo spogliarsi dei beni materiali, per arrivare alla perfezione spirituale; l'espressione sorridente del personaggio e gli occhi aperti ci dicono che non siamo di fronte ad un supplizio inferto, ma ad una rinuncia volontaria, ad un'accettazione serena. L'Appeso è quindi il mistico (nel mazzo novecentesco di Rider - Waite ha l'Aureola) che si spoglia dei beni materiali (il denaro) per giungere ad una vita più alta.
L'Appeso Rider- Waite
Non a caso nel segno equinoziale della Bilancia, abbiamo l'esaltazione di Saturno, pianeta che invita a eliminare il superfluo per contemplare la luce spirituale.
Chi perde la sua vita la Salverà diceva il Cristo.
L'Appeso sempre nel mazzo Rider - Waite, pende da un albero a forma di croce, adornato da foglie d'edera, pianta sacra a Dioniso, divinità greca che ha conosciuto la morte e la risurrezione.
Proprio agli equinozi, il sole passa per un punto che unisce le orbite del coluro equinoziale, dell'eclittica, dell'orizzonte e dell'equatore celeste che, come come ricorda Dante nel Paradiso, si intersecano formando tre croci. Ma qui, a differenza di quello che avviene in Primavera, il sole passando nell'emisfero meridionale è crocifisso a testa in giù, scende agli inferi.
E' il dio che muore, come Dioniso o il Cristo, per rinascere a primavera. La liturgia cattolica, pur celebrando la Passione del Signore a ridosso dell'equinozio primaverile, a settembre ricorda la crocifissione con due ricorrenze: l'esaltazione della Croce e la Madonna Addolorata.
Torniamo all'Appeso dei tarocchi: è immobile, ma come abbiamo visto si tratta di un'immobilità apparente, che in realtà esprime la velocità massima. Le mani, simbolo dell'azione, sono legate dietro la schiena, come legata e anche la gamba destra, la sinistra invece, che corrisponde alla parte più irrazionale, la meno soggetta al contingente, è libera.
Secondo Guenon, l'ordine celeste, spirituale, gira al contrario rispetto a quello materiale e terrestre. L'Appeso, con la sua posizione capovolta, ricorda all'aspirante mistico che solo annientando se stesso, in una morte apparente, può attingere alla più alta conoscenza mentre l'immobilità della materia corrisponde alla massima attività dello spirito.
Il seme può germogliare solo morendo, come alludono i due alberi ai lati della figura che sembrano avere le chiome verso il basso, nel cuore della terra.
Non è affatto un percorso facile quello del mistico: nei Tarocchi, la lama dell'Appeso è preceduta dalla Forza. Bisogna domare i propri demoni, se si vuole intraprendere il cammino, essere decisi nell'invertire la rotta per precipitare in una morte simbolica come il successivo Arcano Senza Nome
Una volta trovata la strada è necessario perseverare rigorosi; un passo dopo l'altro il seme inizia a dividersi in cellule, con la precisione della Temperanza. Ma per dar vita ad un nuovo organismo occorre anche una forza primigenia, ctonia, ed ecco apparire l'immagine del Diavolo, che dà alla piantina il nutrimento per sopravvivere, rafforzarsi bucare la terra, rappresentata dalla Torre scoperchiata della carta numero sedici, ed uscire finalmente ad ammirar Le Stelle.



e poi...

G. Berti, Storia dei Tarocchi,Mondadori, 2007
C. Gatto Trocchi, I Tarocchi, Newton, 1995
A. Jodorowsky, M. Costa, La via dei Tarocchi, Feltrinelli, 2004
O.Wirth, I Tarocchi, Edizioni Mediterranee, 1990
R. Guénon, Simboli della Scienza sacra, Gli Adelphi, 1990
A. Cattabiani, Calendario, Mondadori 2003




martedì 11 giugno 2013

il Tema Natale di Gabriele d'Annunzio

carta del cielo di Gabriele d'Annunzio.
www.astro.com



Per festeggiare il 150° anniversario della nascita di Gabriele d'Annunzio ho analizzato il suo tema natale, integrando le mie nozioni di astrologia con studi di astrologi professionisti.
Non intendo l'astrologia come determinismo, ma la considero sotto l'aspetto simbolico: per me è poesia del tempo, quindi, nel leggere un tema cerco innanzitutto di intuirne le corrispondenze e l'armonia.
Lo stesso d'Annunzio fu affascinato dalle scienze occulte: nella biblioteca del Vittoriale conservava parecchi libri sull'esoterismo, che annotava personalmente; si interessò inoltre alla numerologia, all'astrologia e (secondo la moda del tempo) prese parte a sedute spiritiche. Per tutta la vita frequentò, un po' per curiosità, un po' per gioco cartomanti e sensitivi; famosa fu la sua relazione quasi quarantennale con la marchesa Luisa Casati Stampa, da lui ribattezzata Corè (come la regina degli inferi), donna eccentrica nota per i suoi interessi esoterici. Egli stesso amava redigere oroscopi firmandosi Gabriele d'Annunzio astrologo del Carnaro.
Gabriele d'Annunzio è nato a Pescara il 12 marzo 1863 alle ore 8 a.m., quando il Sole si trovava a 21 gradi nei Pesci e l' Ascendente a 3 nel Toro; una vita che ha visto la luce nel mese fecondo che da Marte si noma e fu senza dubbio informata dall'impronta vitalistica del dio della guerra, il cui pianeta corrispondente si trova proprio in prima casa. Il Sole è ospite in una amplissima dodicesima casa, settore dello zodiaco legato all'ultimo segno e che, nel nostro caso, accoglie anche Nettuno pianeta signore dei Pesci.
Il dodicesimo segno zodiacale racchiude in sé tutte le esperienze della ruota astrologica; come il serpente che si morde la coda, l' Uroboro (simbolo caro a d'Annunzio che lo volle sul vessillo di Fiume) raffigurazione del tempo ciclico, della fine che coincide con l'inizio, il segno dei Pesci sta alla frontiera tra il reale e il non manifestato. I nati tra febbraio e marzo spesso presentano una forte attitudine alla poesia, una spinta al misticismo e talvolta sono dotati di chiaroveggenza e poteri medianici.
D'Annunzio non fu un semplice letterato, ma un Vate, che ebbe un rapporto privilegiato con le muse. Si può tranquillamente affermare la sua opera ebbe quell'ispirazione sacra di chi sa vedere oltre il mondo reale; dopo la perdita in un incidente aereo dell'occhio destro, acuì la percezione di quello spirituale e divenne l'Orbo Veggente.
La sua ben nota capacità seduttiva lo portò, benché di aspetto mediocre, ad esercitare un fascino non indifferente, creando mode e influenzando il pensiero. Lui stesso poi vantava poteri sciamanici e di guaritore tanto che la scrittrice Sibilla Aleramo, che lo conobbe personalmente, lo definì il mago bianco.
Il pianeta governatore del cielo dannunziano è senza dubbio Plutone, che praticamente isolato, domina la prima casa nel segno del Toro formando un aspetto forte con il solo Nodo Lunare nord. Il sesso è quindi fondamentale per comprendere la vita e l'opera di d'Annunzio: il segno del Toro, il primo della triade di terra, è forse quello più legato al mondo fisico, ma un Plutone in prima casa rifiuta una sessualità fine a se stessa, facendone piuttosto uno strumento di conoscenza.
D'Annunzio sempre vide nel piacere sessuale una forma di compartecipazione al divino, secondo le filosofie orientali che pure aveva studiato. Nel Libro Segreto scrisse : Il piacere fa infinita la mia carne. Trovo negli eccessi del piacere la mia più vasta spiritualità. La sessualità espressa da Plutone è quindi diversa da quella incarnata da Marte, fisica e materiale. Ma nel nostro caso Marte è nel segno cerebrale dei Gemelli a conferma che per d'Annunzio il sesso e la seduzione furono soprattutto un gioco mentale che non poteva prescindere dall'uso della parola. A Plutone, signore di tutto ciò che è nascosto, magmatico, in fermento quindi anche della ricchezza, del fascino del potere politico e della conoscenza occulta, è tradizionalmente associata l'ottava casa, che, importante nel tema del Vate, cade nel Sagittario, il segno di Chirone, il centauro medico maestro dell'eroe Achille, che, rifiutava i modi tracotanti dei suoi simili preferendo dedicarsi alle arti e allo studio. Ma il centauro è pur sempre una creatura ibrida, metà uomo e metà cavallo, la cui intelligenza e capacità di analisi affonda le radici nella carnalità. 
L'ottava casa ospita la Luna in trigono con Venere in Ariete. I pianeti femminili in segni di fuoco mostrano l'importanza della componente muliebre ebbe sulla creatività di d'Annunzio; la madre in primis e le molte amanti, soprattutto Eleonora Duse, l'attrice con cui strinse un sodalizio artistico. L'aspetto di quadratura della Luna con il Sole, ma soprattutto l'opposizione di Marte, indica però che i rapporti con le donne non furono facili: le sue amanti, dopo di lui ebbero un destino malinconico. La relazione con la Duse fu burrascosa, quasi che Gabriele non riuscisse ad accettare di doverle una buona parte del suo successo. L'inquieto ricordo di Eleonora lo accompagnò fino alla fine: nell'Officina del Vittoriale, la stanza dove d'Annunzio si ritirava a scrivere, campeggia ancora oggi un busto della Divina che il poeta usava coprire con un drappo, non potendone sostenere lo sguardo.
La mutevole Luna in ottava casa, tradizionalmente legata alla ricchezza, domiciliata nel generoso segno del Sagittario, fa luce sulla disinvoltura di Gabriele con il denaro e i beni materiali ma ben si accorda con la sua grande magnanimità che lo portò ad affermare : "io ho quel che ho donato". L'opposizione netta di Urano dalla seconda casa (la capacità di amministrare il denaro) in Gemelli, segna i frequenti tracolli economici di d'Annunzio che dovette persino lasciare l'Italia inseguito dai creditori. I suoi disastri finanziari non furono però mai definitivi: riuscì sempre a salvarsi in extremis, protetto dall'ampio trigono di Urano, sempre in seconda casa, con Mercurio e Saturno.
Nell'ottava casa troneggia, quasi congiunto alla Luna, il Nodo Lunare nord. In astrologia i Nodi Lunari rappresentano il destino di un individuo: quello sud incarna, il bagaglio proveniente dall'infanzia, dalla famiglia e, secondo alcuni astrologi, dalle esperienze delle vite passate, che inevitabilmente lo condiziona sotto forma di veri grovigli da sciogliere per realizzare il proprio destino, indicato dal nodo Lunare Nord.
Un nodo Nord in Sagittario tratteggia un destino da leader spirituale, da comunicatore di idee innovative; prefigura una vita al di sopra delle masse e delle convenzioni borghesi, un vivere inimitabile. Ma per realizzare appieno questo fato, la persona deve dominare ciò che è materiale, per non cadere preda dei suoi stessi sensi esaltati. Non sempre il Vate ci riuscì: la sua assuefazione al lusso e allo sperpero divennero proverbiali e, nell'ultima parte della vita,  ossessioni e  melanconia  lo portarono a diventare dipendente dalle droghe.
L'ottava casa rappresenta anche il potere politico, quello viscerale, profondo che sa muovere le folle simboleggiate dalla mutevole Luna. L'attività politica di d'Annunzio fu improntata al bel gesto rapido, fulmineo,alla sfida al potere istituzionalizzato e logoro. Ardisco non ordisco fu uno dei suoi motti e in quest'ottica si può leggere anche l'Impresa di Fiume.
I circa due anni della Reggenza Italiana del Carnaro furono improntati all'internazionalismo, alla libertà e alla garanzia dei diritti (Luna e Nodo Nord nel Sagittario). Eros e Thanatos (ottava casa) caratterizzarono la vita quotidiana, con spettacoli sfrenati e promiscuità sessuale, quasi che sotto la festa covasse come un presentimento di morte, fosse ben viva la consapevolezza che tutto sarebbe terminato a breve. La netta opposizione di Urano in seconda casa (legata al denaro, alla sua gestione legalizzata), portò celermente alla fine dell'impresa ad opera dei poteri forti politici ma soprattutto finanziari.
La poetica di d'Annunzio, fastosa e carnale, non fu mai frutto di improvvisazione: Saturno esaltato in sesta casa (il lavoro quotidiano) nella raffinata Bilancia, frena con la sua opposizione gli slanci del focoso Nettuno dall'Ariete, quindi la prosa e la poesia, benché sfarzose, opulente, difficilmente scadono nel "troppo" o nel cattivo gusto. Sotto un'apparenza conservatrice, scorre dirompente una forte carica innovativa, indicata dal trigono tra Giove, sempre in sesta casa in Bilancia con Mercurio (pianeta della comunicazione e delle lettere) nell'anticonvenzionale segno dell'Acquario e nella casa ad esso legata, l'undicesima . D'Annunzio, Pur partendo da basi classiche, fu innovatore sia nello stile che nel lessico e si rivelò molto abile nell'uso di nuovi mezzi di comunicazione come il cinema e la pubblicità. Urano, nel comunicativo segno dei Gemelli, sta ad indicare anche lo scandalo che destarono molte delle sue opere e l'uso sapiente della provocazione nella ricerca del successo.
Non tutti gli astrologi le considerano, ma io sempre do un'occhiata alle "case intercettate", ossia a quei settori dello zodiaco così ampi da contenere un intero segno. Rappresentano i campi più incisivi nella vita, ma pure le difficoltà e i blocchi emotivi che un individuo deve affrontare e vincere per realizzare appieno il suo tema natale. L'astrologia non traccia un percorso obbligato; è piuttosto un disegno del cielo che indica punti di forza e di debolezza. Fortunato non è chi non incontra difficoltà, ma chi sa farne tesoro per evolversi. Nel tema di d'Annunzio notiamo che la sesta e la dodicesima casa occupano totalmente i campi dell'Ariete e della Bilancia.
Sono tradizionalmente ritenute due case occulte, i settori dell'intuizione, del misticismo e della poesia. La sesta casa rimanda però alla costante paura della morte e delle malattie che accompagnò d'Annunzio nell'ultima parte della vita anche se Saturno in esaltazione lo protesse donandogli, nonostante gli eccessi, una buona salute fino alla fine. La morte fu forse la vera amante di d'Annunzio: esorcizzata nello slancio vitalistico, nella ricerca del piacere, nello sprezzo del pericolo, accarezzata come una sorella negli anni del Vittoriale, forse anche cercata se si deve dare credito all'ipotesi di suicidio.
La collocazione delle case intercettate sull'asse Ariete - Bilancia mostra la spinta vitale ottenuta potenziando al massimo il proprio io, quasi bruciando le esperienze, spesso a scapito della sensibilità altrui soprattutto nelle relazioni erotiche.
Concludendo l'analisi del tema natale, si può dire che d'Annunzio sia riuscito a realizzare il suo destino che era quello di andare oltre i limiti: facendo coincidere la vita con l'opera d'arte, riuscì a superare non solo le convenzioni sociali, ma l'ebbe vinta anche sul Tempo e sullo spazio.

Fu senza dubbio un mistico senza per questo castrare il suo potenziale carnale, anzi, proprio facendo di esso un punto di forza.

E Poi.

G.d'Annunzio, Cento e cento e cento e cento pagine del Libro segreto di Gabriele d'Annunzio tentato di morire, Mondadori, 1935
A. Mazza, D'Annuzio Orbo veggente, Ianieri, 2008
G B. Guerri, D'Annunzio l'amante guerriero, Mondadori 2008
A. Andreoli, Il Vivere inimitabile, Mondadori 2000
A. Mazza, A. Bortolotti, Gli amuleti di d'Annunzio, Ianieri 2010
A. M. Gueli Alletti (Sirio), Stelle del Cielo benedite il Signore- studio astrologico su Gabriele d'Annunzio - in A. Mazza, D'Annunzio e l'occulto, Ed. Mediterranee, 1995.
Robert Ambelain, Astrologia araba, ed. Mediterranee, 1994

domenica 17 marzo 2013

Magnàr de magro



G.M. Mitelli, Mese di marzo


Siamo ormai alla fine della Quaresima, che, nella nostra tradizione cristiana, è un tempo di circa quaranta giorni in preparazione alla Pasqua. Inizia il Mercoledì delle Ceneri e termina il Giovedì Santo, poco prima della messa in Coena Domini, la celebrazione in ricordo dell'Ultima Cena del Cristo che apre il Triduo Pasquale. È tempo di espiazione e digiuno in attesa della Pasqua. Il quaranta,nelle religioni monoteiste è un numero simbolico che indica un periodo di attesa e di prova. Il Cristo e i profeti digiunarono per quaranta giorni, Maometto ricevette la rivelazione a circa quarant'anni.

Un momento di catarsi, all'inizio della primavera, era presente anche nella antica Roma, tanto che il nome del mese di Febbraio deriva, secondo Macrobio dafebruare, ossia purificare. Tra febbraio e marzo ossia in quello che era, al tempo, il passaggio dal vecchio al nuovo anno, si celebravano i lupercali rito di purificazione e rigenerazione.
 Bruegel il Vecchio, Battaglia  fra la il Carnevale e la Quaresima
Ai nostri giorni, la Chiesa raccomanda l'astinenza dalle carni tutti i venerdì. Un tempo, durante la Quaresima, si mangiava, per tutto il periodo, di magro, cioè senza carne, quindi, solo pietanze a base di verdura o erbe. Celebre è l'iconografia della Quaresima vecchia e secca secca, che brandisce erbe e pesci affumicati, in guerra contro il grasso carnevale. Ovviamente, la fantasia degli uomini, si è sbizzarrita nel trovare ricette con pesce o verdure, per mangiare degnamente durante la Quaresima.
Questa è una di mia invenzione, che, magari non siete particolarmente osservanti, ma può andare bene per i vegetariani, nonostante mi stiano un po' sulle balle.


Polpette di verdure

2 zucchine
2 carote
1 peperone
cipolla
melanzana
1 uovo
farina
formaggio grattugiato (parmigiano o pecorino)
pangrattato
olio
sale

tritare le verdure assieme alla cipolla e fare soffriggere. Dopo aver lasciato raffreddare, unire l' uovo e il formaggio. Nel caso il composto fosse troppo morbido, aggiungere farina e un po' di pangrattato, quindi aggiustare di sale. Quindi fare delle polpette (consiglio di ungere le mani con olio, così non appiccicano, e si può dare sapore e consistenza alle polpettine ) da passare nel pangrattato.
Cuocere in forno ventilato a 180° per una ventina di minuti, finché il pane non ha formato una specie di crosticina.


martedì 12 febbraio 2013

purifichiamoci n. 2. La febbre


Statua di Hygeia, alcuni ci vedono un'immagine di Febris


Febbraio, oggi mese di influenze e conseguenti febbri, ma nell'antica Roma, era soprattutto tempo di purificazioni. La sua etimologia richiama non a caso la febbre, che altro non è se non un innalzamento della temperatura dell'organismo, per purificarlo dalla malattia. Ippocrate infatti diceva: "Datemi la febbre e curerò qualsiasi malanno"
Nell'antica Roma Febris, ovvero la personificazione della Febbre, era una divinità temuta soprattutto dalle classi più basse, che abitavano, anche all'interno dell'Urbe, ambienti paludosi o malsani. Accompagnata dalle dee Tertiana e Quartiana, incarnazioni della malaria, Febris era una divinità di origine italica molto antica. Le fonti scritte non offrono molte testimonianze del culto di Febris: ne parla Seneca nell' Apokolokyntosis, dove la dea accompagna il defunto imperatore Claudio nell'aldilà; Cicerone racconta di un tempio di Febris sul Palatino, mentre autori cristiani, come Sant'Agostino deprecano il fatto che si ergessero templi a questa entità, prova di come il culto di Febris, sebbene non istituzionalizzato, fosse sentito dalla popolazione.
Secondo Valerio Massimo, tre erano i templi dedicati alla Febbre: sul Palatino, all'Esquilino, vicino al tempio di Onore e Virtù fatto erigere da Caio Mario mentre un terzo doveva trovarsi al vico Lungo, nei pressi dell'odierna via Nazionale.
E' Difficile ricostruire un'iconografia di Febris: ci provò Poliziano nel suo poemetto  In Albieram Albitiam puellam formosissimam morientem a memoria della principessa Albiera morta improvvisamente a Firenze, basandosi però su rappresentazioni mitologiche di altre divinità come le Furie o Cibele.
Probabilmente Febris è la derivazione romana del dio etrusco Februus, cui Numa Pompilio aveva dedicato il mese di febbraio.
Februus, divinità della morte e della purificazione, era celebrato alle Februalia, all'inizio del mese, ma tutto Febbraio, ultimo mese dell'anno secondo l'antico calendario lunare, quando cadevano anche le celebrazioni delle Feralia e Parentalia, era consacrato ai defunti, che venivano placati con doni, per poi essere espulsi dalla comunità. Le Februalia andavano a sovrapporsi al rito dei Lupercali, cerimonia di purificazione e fecondità, dove assieme a Fauno si ricordava anche Febris, così che spesso le tre divinità finivano per sovrapporsi e confondersi. 
Quindi non solo entità malefica, ma come la maggior parte delle antiche divinità, anche Febris aveva il suo volto positivo, essendo colei che purifica dalla malattia e per traslazione anche da tutte le entità negative. Si ricordi che, secondo Ovidio il termine Februum   significa strumento di purificazione e Februare vuol proprio dire purificare e una Iuno Februata, ossia Giunone purificata, compariva nei Lupercalia dove, la pelle di capra che colpiva le donne per assicurare loro fecondità era detta amiculum iunonis
La liturgia cattolica ha sostituito queste feste con la Candelora, ossia la purufucazione della Vergine a quaranta giorni dal parto e la presentazione al Tempio del Bambino. Non si dimentichi poi che, Fino a qualche anno fa, il 14 febbraio si celebrava una Santa dal nome non casuale di Febbronia.


e poi..

G. Dumézil. La religione romana arcaica, Bur, 2001
M.T. Cicerone. De natura Deorum, Mondadori, 1996
Valerio Massimo, Factorum et dorum memorabilium
Ovidio. I Fasti, Bur, 1998
Alessandro Perosa. Studi di filologia umanistica. 1 Angelo Poliziano, 2000
http://archive.org/details/39002011213080.med.yale.edu
http://www.schlangengesang.de/archiv/39.htm
http://www.thaliatook.com/OGOD/febris.html
http://www.romanoimpero.com/2011/02/culto-di-febris.html

venerdì 8 febbraio 2013

venerdì gnocchi




Torna la rubrica IN CUCINA, che già tenevo sull'altro blog,con ricette e tradizioni a tavola. Inizio riportando una vecchia ricetta, ma quanto prima prometto di aggiungerne di nuove (non appena la pigrizia me lo permetterà)
Oggi a Verona si festeggia Venerdì Gnocolar, ossia il venerdì degli Gnocchi, la festa di carnevale che ha il culmine con la sfilata di carri per le vie cittadine e gran mangiata di gnocchi in piazza S. Zeno.
Re del carnevale veronese è il Papà del Gnoco, un uomo panciuto, spesso a cavallo di un musso, che al posto dello scettro ha un piron ossia una forchetta su cui è infilzato uno gnocco ed è seguito dalla corte dei macaroni. La carica di Papà del Gnoco, un tempo ereditaria è, dal 1949 elettiva, le votazioni che si svolgono, dopo un'accesa campagna elettorale, in piazza S. Zeno si concludono con la proclamazione e un'allegra mangiata di gnocchi e vino.
Le origini del carnevale veronese risalgono addirittura al 1531, quando la popolazione, esasperata per il prezzo del pane, decise l'assalto ai forni, scongiurato dall'intervento di alcuni nobili che distribuirono gnocchi gratis. Si pensa che il medico Tommaso da Vico, che ispirò la maschera del Papà del Gnoco, lasciò nel testamento la volontà che all'ultimo venerdì di carnevale venissero offerti gnocchi gratis a dodici poveri della parrocchia di S. Zeno e distribuiti su un tavolo di pietra nei pressi della basilica.
Ogni famiglia veronese l'ultimo venerdì di Carnevale, per onorare la tradizione, se non in piazza, mangia gnocchi a casa.
Da veronese ho onorato la tradizione con questi gnocchetti al radicchio di mia invenzione

Gnocchetti di radicchio*
radicchio rosso
cipolla
un uovo
250 grammi di ricotta
farina
fecola di patate
formaggio parmigiano grattugiato
sale
burro
Tagliare sottile il radicchio e soffriggere con la cipolla
mescolare la ricotta l'uovo e aggiungere farina, formaggio parmigiano e fecola finché l'impasto non diventa consistente, quindi accorpare il radicchio. Aggiustare di sale
Per formare gli gnocchetti, consiglio di ungersi le mani con olio d'oliva così non appiccicano e diventano più saporiti. Cuocere in acqua bollente fino a che non vengono a galla. Visto che sono già “corposi” consiglio di condirli solo con un po' di burro, al limite fuso con la salvia.

*le dosi sono sempre un po' alla vateciava



venerdì 25 gennaio 2013

Il senso del Tempo n.3 - la porta

La porta vista da Magritte



Volge ormai al termine Gennaio porta del nuovo anno, mese dedicato a Giano, dio protettore della soglie e garante di ogni inizio. Era rappresentato dai romani con due facce: una di vecchio e una di giovane, talvolta anche con un volto maschile e uno femminile. Però, a pensarci bene, il vero volto di Giano è quello che non si vede, cioè il presente.
A Giano erano consacrati i due solstizi, ossia l'apparente arresto ed inversione del cammino del sole nel suo ciclo annuale che, nella cultura antica, non solo occidentale, erano considerati due porte: degli dei quello invernale e degli uomini quello estivo. Tema che torna anche nella tradizione orientale, prova di un substrato mistico comune a tutti i popoli e a tutte le religioni, che, come dice Guénon, spesso affiorano attraverso rimandi e assonanze anche fonetiche, trascurate dagli studiosi accademici che snobbano tutto ciò che invece potrebbe tranquillamente chiamarsi scienza sacra.
La tradizione greca rappresentava il cosmo, ossia il mondo manifestato come una grande caverna dove le anime si incarnavano entrando dalla porta degli uomini, associata al solstizio estivo, e, esaurito il ciclo vitale, prendevano la via del mondo non manifestato attraverso la porta degli dei, il solstizio d'inverno, associati rispettivamente ai punti cardinali sud e nord. La letteratura non rispetta sempre queste corrispondenze: in un famoso passo dell'Odissea, ad esempio, dove si parla dell'antro delle Ninfe, risultano invertiti: a nord sta la porta degli uomini, a sud quella degli dei, fermo restando che ovunque è il solstizio invernale ad essere la porta degli dei e quello estivo degli uomini.
Astronomicamente il nord, ossia il punto più alto raggiunto dal cammino apparente del sole, corrisponde al solstizio estivo, mentre il sud che è il punto più basso, a quello invernale. La tradizione esoterica, invece, dà un'opposta interpretazione: considera il solstizio invernale, associato al segno del capricorno ed al nord come positivo, mentre il solstizio estivo che cade nel segno del cancro al sud ha una connotazione negativa.
René Guénon, analizzando anche la tradizione indù, che divide l'anno in due metà, quella ascendente quando il sole è diretto verso sud, ossia dal solstizio d'inverno a quello d'estate e quella discendente che va nella direzione opposta, risolve questa apparente contraddizione applicando il senso inverso. Ciò che sta in alto nell'ordine celeste, cui appartiene il cammino del sole, sta in basso nell'ordine terrestre, che governa il cammino delle stagioni. Quindi il sole celeste, quello spirituale ha la sua massima manifestazione al solstizio invernale, momento apparentemente più buio, a partire dal quale la luce inizia ad aumentare, per raggiungere il suo culmine al solstizio estivo per poi diminuire. Lo stesso ragionamento si può applicare anche alle parti del giorno: il sole spirituale, quello contemplato dagli iniziati è proprio il sole di mezzanotte, quando le tenebre rappresentano non l'assenza di luce, ma il momento della sua nascita. Non a caso, molte divinità associate al Sole, da Mitra a Cristo, sono nati proprio a mezzanotte e a ridosso del solstizio d'inverno.
Nel mondo romano, Giano era il custode delle porte per eccellenza, e le sue feste, organizzate dal collegio dei fabbri, cadevano proprio durante i solstizi.
La teologia cristiana ha sostituito a Giano i due San Giovanni: il Battista festeggiato al solstizio estivo e l'evangelista a quello invernale, curiosamente poi, di San Giovanni Battista, porta degli uomini, non si ricorda il giorno della morte, che secondo il cristianesimo, è la rinascita all'eternità, ma quello della nascita nel mondo sensibile.
L'etimologia del nome Giovanni, la cui assonanza fonetica peraltro ricorda il nome Giano, ha sia il significato di Misericordia di Dio che quello di lode a Dio, che ben si adattano alla collocazione calendariale dei due santi: infatti la misericordia è discendente e la si può legare al Battista, mentre la lode è ascendente e può essere riferita all'Evangelista.
La porta, la soglia non è solo un limite spaziale, e temporale, ma anche spirituale e, non a caso, Giano era considerato colui che soprintendeva le iniziazioni. Secondo Cicerone, il nome di Giano aveva la stessa radice di ire, andare, mentre in sanscrito Yana significa via.
"Io sono la via" dice Cristo nei Vangeli e un cartiglio del XV secolo, proveniente da un codice della chiesa di Luchon, raffigura un curioso Cristo - Giano. Lo strano personaggio presenta due volti, uno maschile e l'altro femminile, regge lo scettro e la chiave, simboli del potere spirituale e temporale ed è sormontata dal monogramma IHS che lo identifica appunto come Cristo.
Un Giano - Cristo signore del Tempo, Colui che è, che era e che sarà, come si evince anche in una leggenda tratta del Milione di Marco Polo. Giunti alla grotta dove era nato il Bambino, i tre Magi, che avevano età diverse, ossia uno era giovane, l'altro adulto e un terzo vecchio, videro il Bambino non con il volto di infante, ma come in uno specchio, ciascuno vedeva riflessa la sua età. Solo quando lo contemplarono insieme, ne videro il viso autentico: quello di un neonato di tredici giorni.
Il presente, il volto di Giano invisibile, quello che in oriente solo il terzo occhio di Shiva (anch'egli detto signore del triplice tempo) può contemplare e il cui sguardo ha il potere di incenerire, ossia distruggere il mondo sensibile, sconfina non nell'indifferenziato della morte, ma nell'eternità.
Che il nuovo anno sia per tutti voi un vero passaggio: si abbandoni ciò che è inutile, si tragga il meglio dall'esperienza, si abbia lo sguardo pronto a cogliere ciò che sta al di là.

E poi...
R. Guénon. Simboli della Scienza sacra, Adelphi, 1975
A. Cattabiani. Calendario, Mondadori 2003