martedì 12 febbraio 2013

purifichiamoci n. 2. La febbre


Statua di Hygeia, alcuni ci vedono un'immagine di Febris


Febbraio, oggi mese di influenze e conseguenti febbri, ma nell'antica Roma, era soprattutto tempo di purificazioni. La sua etimologia richiama non a caso la febbre, che altro non è se non un innalzamento della temperatura dell'organismo, per purificarlo dalla malattia. Ippocrate infatti diceva: "Datemi la febbre e curerò qualsiasi malanno"
Nell'antica Roma Febris, ovvero la personificazione della Febbre, era una divinità temuta soprattutto dalle classi più basse, che abitavano, anche all'interno dell'Urbe, ambienti paludosi o malsani. Accompagnata dalle dee Tertiana e Quartiana, incarnazioni della malaria, Febris era una divinità di origine italica molto antica. Le fonti scritte non offrono molte testimonianze del culto di Febris: ne parla Seneca nell' Apokolokyntosis, dove la dea accompagna il defunto imperatore Claudio nell'aldilà; Cicerone racconta di un tempio di Febris sul Palatino, mentre autori cristiani, come Sant'Agostino deprecano il fatto che si ergessero templi a questa entità, prova di come il culto di Febris, sebbene non istituzionalizzato, fosse sentito dalla popolazione.
Secondo Valerio Massimo, tre erano i templi dedicati alla Febbre: sul Palatino, all'Esquilino, vicino al tempio di Onore e Virtù fatto erigere da Caio Mario mentre un terzo doveva trovarsi al vico Lungo, nei pressi dell'odierna via Nazionale.
E' Difficile ricostruire un'iconografia di Febris: ci provò Poliziano nel suo poemetto  In Albieram Albitiam puellam formosissimam morientem a memoria della principessa Albiera morta improvvisamente a Firenze, basandosi però su rappresentazioni mitologiche di altre divinità come le Furie o Cibele.
Probabilmente Febris è la derivazione romana del dio etrusco Februus, cui Numa Pompilio aveva dedicato il mese di febbraio.
Februus, divinità della morte e della purificazione, era celebrato alle Februalia, all'inizio del mese, ma tutto Febbraio, ultimo mese dell'anno secondo l'antico calendario lunare, quando cadevano anche le celebrazioni delle Feralia e Parentalia, era consacrato ai defunti, che venivano placati con doni, per poi essere espulsi dalla comunità. Le Februalia andavano a sovrapporsi al rito dei Lupercali, cerimonia di purificazione e fecondità, dove assieme a Fauno si ricordava anche Febris, così che spesso le tre divinità finivano per sovrapporsi e confondersi. 
Quindi non solo entità malefica, ma come la maggior parte delle antiche divinità, anche Febris aveva il suo volto positivo, essendo colei che purifica dalla malattia e per traslazione anche da tutte le entità negative. Si ricordi che, secondo Ovidio il termine Februum   significa strumento di purificazione e Februare vuol proprio dire purificare e una Iuno Februata, ossia Giunone purificata, compariva nei Lupercalia dove, la pelle di capra che colpiva le donne per assicurare loro fecondità era detta amiculum iunonis
La liturgia cattolica ha sostituito queste feste con la Candelora, ossia la purufucazione della Vergine a quaranta giorni dal parto e la presentazione al Tempio del Bambino. Non si dimentichi poi che, Fino a qualche anno fa, il 14 febbraio si celebrava una Santa dal nome non casuale di Febbronia.


e poi..

G. Dumézil. La religione romana arcaica, Bur, 2001
M.T. Cicerone. De natura Deorum, Mondadori, 1996
Valerio Massimo, Factorum et dorum memorabilium
Ovidio. I Fasti, Bur, 1998
Alessandro Perosa. Studi di filologia umanistica. 1 Angelo Poliziano, 2000
http://archive.org/details/39002011213080.med.yale.edu
http://www.schlangengesang.de/archiv/39.htm
http://www.thaliatook.com/OGOD/febris.html
http://www.romanoimpero.com/2011/02/culto-di-febris.html

venerdì 8 febbraio 2013

venerdì gnocchi




Torna la rubrica IN CUCINA, che già tenevo sull'altro blog,con ricette e tradizioni a tavola. Inizio riportando una vecchia ricetta, ma quanto prima prometto di aggiungerne di nuove (non appena la pigrizia me lo permetterà)
Oggi a Verona si festeggia Venerdì Gnocolar, ossia il venerdì degli Gnocchi, la festa di carnevale che ha il culmine con la sfilata di carri per le vie cittadine e gran mangiata di gnocchi in piazza S. Zeno.
Re del carnevale veronese è il Papà del Gnoco, un uomo panciuto, spesso a cavallo di un musso, che al posto dello scettro ha un piron ossia una forchetta su cui è infilzato uno gnocco ed è seguito dalla corte dei macaroni. La carica di Papà del Gnoco, un tempo ereditaria è, dal 1949 elettiva, le votazioni che si svolgono, dopo un'accesa campagna elettorale, in piazza S. Zeno si concludono con la proclamazione e un'allegra mangiata di gnocchi e vino.
Le origini del carnevale veronese risalgono addirittura al 1531, quando la popolazione, esasperata per il prezzo del pane, decise l'assalto ai forni, scongiurato dall'intervento di alcuni nobili che distribuirono gnocchi gratis. Si pensa che il medico Tommaso da Vico, che ispirò la maschera del Papà del Gnoco, lasciò nel testamento la volontà che all'ultimo venerdì di carnevale venissero offerti gnocchi gratis a dodici poveri della parrocchia di S. Zeno e distribuiti su un tavolo di pietra nei pressi della basilica.
Ogni famiglia veronese l'ultimo venerdì di Carnevale, per onorare la tradizione, se non in piazza, mangia gnocchi a casa.
Da veronese ho onorato la tradizione con questi gnocchetti al radicchio di mia invenzione

Gnocchetti di radicchio*
radicchio rosso
cipolla
un uovo
250 grammi di ricotta
farina
fecola di patate
formaggio parmigiano grattugiato
sale
burro
Tagliare sottile il radicchio e soffriggere con la cipolla
mescolare la ricotta l'uovo e aggiungere farina, formaggio parmigiano e fecola finché l'impasto non diventa consistente, quindi accorpare il radicchio. Aggiustare di sale
Per formare gli gnocchetti, consiglio di ungersi le mani con olio d'oliva così non appiccicano e diventano più saporiti. Cuocere in acqua bollente fino a che non vengono a galla. Visto che sono già “corposi” consiglio di condirli solo con un po' di burro, al limite fuso con la salvia.

*le dosi sono sempre un po' alla vateciava