martedì 8 aprile 2014

La Papessa, quando la femminilità è eversiva



La Papessa dei Tarocchi di Teodoro Dotti, Milano 1845



E' un'immagine strana, ibrida, inquietante.
Indubbiamente affascina: una donna che non è nuda, ma indossa paramenti sontuosi e assolutamente maschili; non ha un bambino in braccio ma tiene un libro aperto sul ventre.
Cosa ci può essere di più eversivo di una donna che non è amante, non è madre ma possiede la Vera Sapienza?
L'archetipo è così disturbante da non comparire nemmeno in tutti i mazzi storici ed ha suggerito nei secoli, diverse interpretazioni sia iconografiche che simboliche.
La Papessa del mazzo Visconti-Sforza
Nei mazzi milanesi Visconti -Sforza risalenti al XV secolo, la Papessa è presentata di fronte: ieratica e quasi affogata nell'oro nella versione di Yale, vestita con saio monacale, una tiara sul capo, una croce nella mano destra e libro chiuso nella sinistra nel mazzo Pierpont Morgan. Benché entrambe le carte non riportino alcuna indicazione didascalica, probabilmente raffigurano la Fede, come si può dedurre dalla presenza di altre carte raffiguranti le Virtù, ma soprattutto dal raffronto col Monocromo di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova.
La Fede nell'affresco di Giotto
Nell'affresco patavino, la Fede regge un cartiglio e una croce, ma soprattutto emana la stessa severità e mistero della Papessa dei Tarocchi. Escluso che si tratti della leggendaria Papessa Giovanna, che in genere è raffigurata evidenziando i tratti femminili come i capelli lunghi oppure con il figlio neonato in braccio, la studiosa Gertrude Moakly, partendo dal fatto che i Visconti usavano raffigurarsi nelle Carte di Corte, vede nella Papessa il ritratto di Sorella Manfreda, una donna della famiglia, proclamata Papa da una setta eretica e condannata al rogo nel 1300 dal pontefice Urbano IV.
Manfreda, indossa il saio dell'ordine delle Umiliate, un movimento fondato da Sorella Guglielmina, che, ispirandosi alle teorie del monaco Gioacchino da Fiore, profetizzava l'avvento imminente del regno dello Spirito Santo. Guglielmina, le cui idee si diffusero proprio a Milano, si riteneva l'incarnazione dello Spirito Santo, mentre Manfreda si fece rendere gli onori da Pontefice nella Pasqua del 1300, dopo aver celebrato la Messa.
Nei mazzi successivi assistiamo ad un'evoluzione della figura della Papessa o in alcuni casi alla sua sostituzione.
Nel Tarocchino dell'incisore bolognese Giuseppe Maria Mitelli, che risale alla seconda metà del seicento, le prime 4 carte ossia il Papa, la Papessa, l'Imperatore e l'Imperatrice, sono sostituite con con due Papi e due Imperatori. L'idea fu forse dello stesso Mitelli, per non creare problemi con lo Stato Pontificio cui era sottoposta Bologna, visto che i mazzi precedenti riportavano le quattro figure classiche. Comunque, successivamente, anche i Papi e gli Imperatori furono rimpiazzati da quattro Mori.
Nelle Minchiate, i mazzi da gioco fiorentini ( fino al Settecento, i Tarocchi non erano usati a scopo divinatorio, ma ludico, per giochi di corte o da osteria) tutte le prime cinque carte sono chiamate Papa, la seconda, che corrisponderebbe alla Papessa era nominata Granduca. In Sicilia, dove pure si era diffuso il gioco dei Tarocchi dalla fine del Seicento, la Papessa fu sostituita dalla virtù della Costanza.
Nei mazzi svizzeri, che pure si ispirarono all'iconografia del tarocco Italiano, forse per non infastidire i giocatori di fede cattolica, le carte del Papa e della Papessa furono sostituite con Giove e Giunone. Interessante notare come la figura di Giunone indica il Cielo e la Terra quasi volesse fare da tramite tra le due dimensioni.
La Papessa dei Tarocchi di Marsiglia di Jodorowskij
L'immagine più comune della Papessa, ci arriva dalle carte dette di Marsiglia. Senza dilungarci troppo, sappiamo che i mazzi di Tarocchi più famosi non furono originari di questa città, dato che molte fabbriche, sia in Francia che in Svizzera, producevano mazzi di carte ispirandosi ai modelli italiani. Furono chiamati Tarocchi Marsigliesi nel1930, quando la ditta Grimaud produsse la riedizione di un mazzo che fino ad allora era chiamato Tarocco Italiano. Il prototipo del cosiddetto Tarocco di Marsiglia, è probabilmente il Foglio Cary: un foglio non tagliato raffigurante gli Arcani Maggiori, conservato a Milano, risalente agli anni tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, che nell'iconografia di alcune carte si discosta parecchio dal precedente modello Visconteo.
La Papessa in quasi tutte le versioni dei Tarocchi di Marsiglia, è assisa sul trono, in posizione quasi frontale, porta sul capo una tiara e veste pesanti paramenti che la fanno apparire chiusa e ieratica; dietro di lei un velo di color del Cielo. Lo studioso Jodorowskij che ha cercato di ricostruire un improbabile primo mazzo originale dei Tarocchi Marsiglisi, ha posto a fianco della Papessa un uovo, a ricordare come questa strana figura femminile sia uno scrigno pronto ad aprirsi, ma non ancora maturo.
Il velo dietro alla figura è immagine del mondo fenomenico, dove si proiettano le idee e i misteri ultimi che l'occhio umano riesce solo ad intuire in forme cangianti. E' un velo che deve essere sollevato per avere accesso alle realtà soprannaturale.
Nei mazzi più diffusi: Marsiglia, Wirth, Tarocchi italiani di area Milanese - Piemontese, la Papessa è vestita con una tunica bianca o blu scuro; il manto color porpora simboleggia le aspirazioni più elevate dello spirito e i bordi dorati rimandano alla Vera Religione, alla Fede che si rivolge non ai credenti ciechi, ma ai pensatori che aspirano ad una rigenerazione spirituale.
Quando la svolta occultistica iniziata nel Settecento, ha fatto delle carte dei Tarocchi uno strumento di divinazione, la Papessa viene rappresentata come una sacerdotessa.
Osvald Wirth, nel suo mazzo cabalistico ideato agli inizi del Novecento, la raffigura abbigliata di pesanti paramenti con una falce di Luna sulla tiara, due chiavi nella mano e un libro chiuso che, sulla copertina, ha l'immagine del Tao. Il cuscino su cui posa i piedi è lo stesso che compare nell'iconografia di Cassiopea, la regina nera, sovrana della sfera celeste ed è l'infinitesima parte di ciò che possiamo apprendere della realtà ultima, accessibile grazie alle chiavi e alla capacità di sollevare il velo delle apparenze che occulta il volto della Papessa. La falce di Luna, tipica nell'iconografia di Iside e della conoscenza e sensibilità femminile, insieme alle melagrane, attributo di un'altra grande divinità femminile, Proserpina, sono raffigurati nella Papessa dei Tarocchi di Rider Waite, anche questi creati agli inizi del Novecento.
Sebbene, sostituiti i paramenti papali con quelli da sacerdotessa, l'immagine perda molto della sua carica eversiva, porta sempre con sé parecchi simboli che sono stati rielaborati nelle versioni occultistiche ottocentesche.
La Papessa rappresenta di sicuro la Fede e la Religione, ma una religione non codificata, non mediata, all'apparenza sacrilega, tanto che alcune incisioni di ambito protestante usano proprio l'immagine di una donna
Meretrice di Babilonia, da una Bibbia luterana 1534
abbigliata da Papa per rappresentare la meretrice di Babilonia dell'Apocalisse, ossia, la Chiesa Cattolica corrotta. La conoscenza esoterica però è di per sé eversiva ed eretica: attinge direttamente al mondo delle potenze senza bisogno di intermediari.
Una fede che va al di fuori dei canali tradizionali, che sfida i vincoli dell'ortodossia fa paura perché imbocca strade che sembrano rischiose e oscure in quanto non comprese: nelle novelle de Il castello dei destini incrociati, la raccolta di racconti che Calvino scrisse ispirandosi alle carte dei Tarocchi, la Papessa rimanda sempre a culti strani, notturni, talvolta pericolosi. Se però si è veri credenti e non creduloni, allora ci si potrà accostare agli insegnamenti della Papessa senza timore, perché si comprende che il suo lato buio altro non è che l'indispensabile contraltare della Luce.


e poi...
C. Gatto Trocchi, I Tarocchi, Newton, 1995
G. Berti, Storia dei Tarocchi,Mondadori, 2007
A. Jodorowsky, M. Costa, La via dei Tarocchi, Feltrinelli, 2004
O.Wirth, I Tarocchi, Edizioni Mediterranee, 1990
I. Calvino, Il Castello dei destini incrociati, Mondadori, 1994