sabato 31 dicembre 2011

il dio Giano



Lauras Alter Ego, una rielaborazione di Giano, opera di P. Hutter


Vi faccio gli auguri con un'immagine insolita del dio Giano, una delle più antiche divinità romane. Di origine italica, veniva chiamatoDivus Deus dio degli dei, ed era colui che presiedeva a tutti gli inizi. A Giano, dalla cui radice deriva anche la parola ianua (porta), il re Numa Pompilio dedicò il mese successivo al solstizio, Ianuarius che divenne definitivamente il primo dell'anno dopo la riforma del calendario di Giulio Cesare, nel 46 a.C.
Dietro questa figura si cela un mitico sovrano del Lazio che, fondata una città sul colle Gianicolo, ospitò il dio Saturno ed insieme governarono durante l'età dell'oro. Durante quell'epoca mitica, regnavano la giustizia e l'abbondanza, mentre Saturno insegnò agli italici i segreti dell'agricoltura.
Giano nella Roma classica era tenuto in altissima considerazine:  non aveva un proprio sacerdote come gli altri dei, perchè a lui sacrificava il Rex Sacrorum, che apriva  tutte le processioni sacre. Il suo tempio nel foro teneva aperte le porte durante le guerre, affinchè il dio potesse correre in aiuto della città nei momenti critici.
Come divinità dei passaggi, sia temporali che fisici (presiedeva alle porte, ai ponti e a tutte le soglie) era raffigurato con due facce: una di vecchio e l'altra di giovane, a simboleggiare la continuità tra passato e futuro.
Non è poi un caso che la tradizione cattolica associ ai solstizi, ritenuti in epoca pagana le porte degli dei e degli uomini, le feste dei due San Giovanni, il Battista in estate e l'Evangelista in inverno, il cui nome, che in ebraico significa Dio è misericordioso,  ha però un'assonanza fonetica con il latino Giano.
Auguro a tutti voi,per il prossimo decennio, di prendere esempio  dal  dio Giano, ossia di far tesoro delle esperienze del passato, anche se negative, per poter guardare avanti con fiducia e coraggio, così da costruire un avvenire di prosperità.

lunedì 12 dicembre 2011

le quattro tempora




Capita, sfogliando vecchi lunari di trovare l'indicazione Quattro Tempora, talvolta abbreviata in Q.T. Si tratta di un periodo di tre giorni, il mercoledì, venerdì e sabato nell'arco di una stessa settimana, che era dedicato alla preghiera e al digiuno.
Le Tempora ricorrono in ogni stagione: abbiamo le Quattro Tempora di primavera, estate, autunno e inverno. Probabilmente di origine celtica, come molte ricorrenze cristiane, furono introdotte per la prima volta nel calendario liturgico nel IV – V secolo dopo Cristo. Cadevano nella settimana dopo le Ceneri, la Pentecoste, l'Esaltazione della Croce (14 settembre) e a metà dell'Avvento, dopo la festa di S. Lucia.
Non erano però solo giorni di digiuno e penitenza, ma anche un'occasione propiziatoria e di ringraziamento per il raccolto dei campi. Secondo Cattabiani, che nel suo Calendario dedica qualche pagina alle Quattro Tempora, queste giornate erano nate per cristianizzare le cerimonie dedicate alla Grande Madre, che, con la sua ciclica rinascita, sovrintendeva alle messi e al lavoro agreste.
A maggio, nell'antica Roma, si celebrava la "Lustrazione dei campi" per propiziare il raccolto, mentre a settembre si teneva un banchetto in onore degli dei, rappresentati da simulacri, per offrire loro i prodotti della terra. Anche negli altri periodi in cui i ricorrevano le Tempora, ossia all'inizio e alla fine dell'inverno, nell'antichità ricorrevano cerimonie di purificazione.
In epoca cristiana, le Quattro Tempora duravano una settimana, con tre giorni dedicati al digiuno. Conosciute in occidente come Jejunum vernum, aestivum, autumnale et hiemale, non ebbero grande diffusione nella Chiesa ortodossa.
Venivano osservate, invece, nel mondo anglosassone: addirittura, in Britannia, comparvero abbastanza presto, grazie – si dice- alla predicazione di Agostino di Canterbury.
Rimasero comunque in auge fino ai giorni nostri: Papa Paolo VI, nel 1966, con decreto Paenitemini, le escluse dai giorni di digiuno e di astinenza. Mentre nella chiesa anglicana divennero opzionali nel 1976.

martedì 6 dicembre 2011

l'Episcopello

La fine dell'anno mi mette un senso di malinconia. Chissà, forse dipende dal fatto che non amo molto l'inverno con le giornate brevi e temperature fredde, oppure da questa frenesia di dover festeggiare ad ogni costo che mi annoia. Allora parlo di una tradizione allegra ma poco nota: quella dell'Episcopello, ossia il vescovo – fanciullo che si celebra in questo periodo.

Nel medioevo il 6 dicembre, giorno di San Nicola, i seminaristi eleggevano un loro vescovo che era poi festeggiato il 28 dicembre, giorno dei Santi Innocenti in una celebrazione parodistica delle funzioni sacre, con danze e lazzi. L'atmosfera goliardica era un'anticipazione del carnevale: si facevano scherzi, si cantavano canzoni licenziose e venivano gettati pezzi di cuoio nel turibolo dell' incenso per rendere l'aria irrespirabile. Nel tempo, la chiesa cattolica, tentanto di arginare queste feste pagane, tentò di vietarne la celebrazione, come fece nel 1537 monsignor Albertin, vescovo di Patti e Barone nella terra di Gioiosa Guardia che proibì con un sinodo la pratica del Vischiccio (altro nome dell'episcopello).
I tempi a ridosso del solstizio erano giorni di festa già nell'antica Roma: si celebravano i Saturnali in ricordo del regno di Saturno, un'epoca mitica, di ricchezza e prosperità, un tempo fuori dal tempo. La statua di Saturno nel foro veniva slegata dalle bende che le avvolgevano i piedi, quindi era eletto un Interrex che regnava in questi giorni di baldoria, libagioni e persino orge. Ci si scambiavano doni, mentre i rapporti sociali erano capovolti tanto che gli schiavi potevano atteggiarsi a padroni. Era eccezionalmente permesso il gioco d'azzardo, che nell'antichità assumeva un valore divinatorio permettendo di conoscere la volontà degli dei. L'Interrex veniva simbolicamente ucciso al 23 dicembre, ultimo giorno dei Saturnali.
La Chiesa cercò di cristianizzare l'usanza ed oltre a celebrare la natività del Cristo il 25 dicembre, attribuì la figura del dispensatore di doni a san Nicola che si festeggiava il 6 dicembre e sulla cui figura è stata ricalcata l' immagine di Santa Claus – Babbo natale. Saturno – Interrex signore del tempo che veniva slegato e “ucciso” alla fine del periodo di caos che rimanda alle epoche mitiche, prima della fondazione del cosmo, richiama quindi l'episcopello e San Nicola. Ma, come tutte le forze primigenie, ha una valenza ambigua, anche spaventosa, infatti la sua statua nel foro rimaneva tutto l'anno legata e veniva sciolta solo nel periodo dei Saturnali. E non a caso , nei paesi nordici, San Nicola è accompagnato da un aiutante, Knecht Ruprecht che ha il compito di castigare i bambini cattivi. Tornando ai giorni nostri, l'Episcopello è celebrato con processioni a Narni, mentre dell'atmosfera goliardica del carnevale, è rimasto qualcosa in Spagna:il 28 dicembre, giorno dei santi innocenti, è dedicato agli scherzi, un po' come il nostro 1 aprile.
buone feste a tutti!

Per saperne di più:
A Cattabiani, Calendario, le feste, le leggende, i miti dell'anno. Mondadori 2003
A. CATTABIANI, Santi d’Italia, vite e leggende, iconografia feste patronati culto. Bur

Comune di montalto di Spoleto:
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Che bolle in pentola? blog di Marina Cepeda Fuentes:
http://www.marinacepedafuentes.com/2009/12/la-fiesta-de-los-santos-inocentes.html

giovedì 1 dicembre 2011

Dicembre



Sull'altro blog, che adesso sto trasferendo qui su blogspot, avevo iniziato un giro attraverso la rappresentazione dei mesi dell'anno.
Per dicembre scelsi un'immagine art nouveau: una delle dodici litografie del calendario illustrato da Eugène Grasset, per i grandi magazzini la belle jardiniere. Formatosi in architettura al politecnico di Zurigo, Grasset, operò nei primi tempi come architetto, poi, trasferitosi a Parigi nel 1871, si dedicò interamente alla pittura e all'illustrazione. Influenzato da Viollet le Duc e da Dorè, di cui riprende il segno fluido, illustrò cartelloni pubblicitari e libri, con la particolare tecnica dell' integrazione tra parole e disegno. Inventò per la fonderia Deberny e Pignot un carattere tipografico che prese il suo nome. Attivo nel campo delle arti applicate e disegnò mobili, cartoni per mosaici, gioielli, e le vetrate della cattedrale di Orleans. Fu un precursore dell'art nouveau: le sue opere dalla linea sinuosa ma sempre ben curate nei particolari, attente alle suggestioni giapponesi e preraffaellite, esercitarono un'influenza su artisti successivi come Mucha.
Il calendario da cui ho preso l'immagine di dicembre raffigura, per ogni mese, ogni mese una donna vestita alla moda ed intenta al lavoro in giardino. L'ambientazione è molto curata, la rigidità geometrica della prospettiva è temperata dalla linea sinuosa, dai colori luminosi e dall'abbondanza di particolari con cui è disegnata la vegetazione del periodo.
Il giardino del mese di dicembre è ghiacciato ma rallegrato dalla presenza degli ellebori, mentre la ragazza reca un fascio di vischio.
L'helleborus niger, più noto come rosa di Natale, è una rizomatosa, della famiglia delle ranuncolacee. Ben si presta ai giardini invernali, infatti resiste bene alle basse temperature. È una pianta velenosa e dal suo rizoma si ricava una polverina irritante un tempo usata come starnutatorio Nell'antichità si pensava che curasse la pazzia, ma che potesse anche causare la morte. Infatti, fino a pochi decenni fa, era usata in farmacia come purgante e vermifugo, ma se ne consigliava prudenza nell'uso, in quanto un eccesso poteva portare al collasso con conseguente decesso del paziente.
Per il periodo di fioritura ed il bianco dei suoi fiori ( si chiama niger dal colore dalle radici) l'elleboro è associato al Natale. Secondo la leggenda, i suoi fiori spuntarono quando nacque Gesù Bambino, oppure secondo un'altra vulgata, fu fatto germogliare da un angelo per consolare una pastorella che non sapeva cosa offrire al Bambinello. In India protegge le partorienti e i neonati.
Il vischio è una pianta parassita, non radicata nel terreno, ma che succhia la linfa dagli altri alberi. Fin dai tempi più antichi, presso vari popoli era ritenuto una pianta magica, tuut'oggi le sue virtù sono riconosciute in Giappone e in Africa.
Pochi giorni dopo il solstizio d'inverno, i druidi usavano tagliarlo con un falcetto d'oro (raccoglierlo con le mani avrebbe causato sciagure), per poi servirsene nei riti religiosi e per preservare il popolo da malattie e sortilegi.
Poiché non aveva radici terrene, si pensava derivasse direttamente dai fulmini e avesse la possibilità di guidare i cercatori di tesoro tanto che alcuni studiosi identificano nel vischio il ramo dorato che guida Virgilio nell'oltretomba. Forse per il suo colore – le foglie e il fusto tendono ad assumere una tonalità dorata dopo essere stati colti, e perchè è tradizione raccoglierlo a ridosso dei solstizi, è identificato con il sole nascente. La sua nascita misteriosa, l'essere senza radici terrene lo ricollegano al Cristo e, dopo una diffidenza iniziale, è stato accolto anche in molti riti cristiani.
Nei paesi del Nord Europa, si pensa che baciarsi sotto un ramoscello di vischio favorisca i matrimoni.