giovedì 10 ottobre 2013

L'Appeso o il senso del tempo

l'Appeso del mazzo Visconti -Sforza
Autunno: fine del ciclo annuale. Si bruciano le stoppie, si immagazzinano le scorte, si ara la terra pronta per una nuova semina, è tempo di contrazione e meditazione.
Il sole, nel suo cammino lungo l'eclittica, che come un pendolo disegna il perpetuarsi delle stagioni, ricorda, agli equinozi, quando il giorno e la notte sono in equilibrio, la posizione verticale di un impiccato. E proprio un impiccato vediamo sulla dodicesima lama dei tarocchi, la più inquietante dell'intero mazzo: un uomo a testa in giù, appeso per una gamba con le mani legate dietro la schiena.
Storicamente rappresenta la pena che era riservata ai traditori (fonti ricordano un setaiolo appeso per un piede perché aveva rivelato i segreti della sua arte ad una città straniera) e ai debitori.
Nella maggior parte dei mazzi, sta appiccato per la gamba destra, mentre la sinistra è piegata all'indietro, a formare una croce. La posizione delle gambe è la stessa che si vede nella carta dell'imperatore (anche se qui è la destra ad essere ripiegata in avanti) e che ritorna figura femminile incorniciata nell'ultima lama, il Mondo.
Sebbene rappresenti un supplizio, l'immagine non dà un'idea di morte, e a guardarla bene, non suggerisce nemmeno staticità: la figura dell'impiccato, oscillando come un pendolo avanti e indietro, raggiunge la sua velocità massima proprio quando è in posizione verticale.
Nella mitologia greca sono diversi i personaggi, anche divinità, che morirono impiccati: Arianna, Erigone, Elena, persino Artemide, venerata come Impiccata a Knodylea in Arcadia, mentre nel mondo celtico fu Odino a restare appeso ad un albero per nove notti, ferito dalla sua stessa lancia. Sono rappresentazioni che alludono ai cicli della natura e al suo continuo rinnovarsi: il supplizio dell'Appeso quindi non può che rimandarci ad una morte simbolica, ad una fine della materia, che però prelude allo splendore dello spirito. In uno dei primi mazzi di tarocchi, il Visconti- sforza che risale al XV secolo, il personaggio impiccato indossa pantaloni verdi, colore che allude alla vegetazione; invece, nel famoso mazzo di Wirth, dell'inizio del Novecento, tiene sotto le braccia due borse dalle quali escono monete d'oro e la giubba, con cui è vestito, alterna i colori rosso e bianco.
l'Appeso di Wirth
Il rosso rappresenta la Fede che deve essere vigile, attiva, per scegliere, (ed in effetti in autunno, una volta immagazzinate le riserve, si scelgono i semi per il nuovo raccolto), ma anche pronta all'accoglienza come suggerisce il colore bianco "verginale" come vergine è la terra che sta per essere fecondata.
Le monete, che cadono dalle borse o dalle tasche dell'Appeso, alludono allo spogliarsi dei beni materiali, per arrivare alla perfezione spirituale; l'espressione sorridente del personaggio e gli occhi aperti ci dicono che non siamo di fronte ad un supplizio inferto, ma ad una rinuncia volontaria, ad un'accettazione serena. L'Appeso è quindi il mistico (nel mazzo novecentesco di Rider - Waite ha l'Aureola) che si spoglia dei beni materiali (il denaro) per giungere ad una vita più alta.
L'Appeso Rider- Waite
Non a caso nel segno equinoziale della Bilancia, abbiamo l'esaltazione di Saturno, pianeta che invita a eliminare il superfluo per contemplare la luce spirituale.
Chi perde la sua vita la Salverà diceva il Cristo.
L'Appeso sempre nel mazzo Rider - Waite, pende da un albero a forma di croce, adornato da foglie d'edera, pianta sacra a Dioniso, divinità greca che ha conosciuto la morte e la risurrezione.
Proprio agli equinozi, il sole passa per un punto che unisce le orbite del coluro equinoziale, dell'eclittica, dell'orizzonte e dell'equatore celeste che, come come ricorda Dante nel Paradiso, si intersecano formando tre croci. Ma qui, a differenza di quello che avviene in Primavera, il sole passando nell'emisfero meridionale è crocifisso a testa in giù, scende agli inferi.
E' il dio che muore, come Dioniso o il Cristo, per rinascere a primavera. La liturgia cattolica, pur celebrando la Passione del Signore a ridosso dell'equinozio primaverile, a settembre ricorda la crocifissione con due ricorrenze: l'esaltazione della Croce e la Madonna Addolorata.
Torniamo all'Appeso dei tarocchi: è immobile, ma come abbiamo visto si tratta di un'immobilità apparente, che in realtà esprime la velocità massima. Le mani, simbolo dell'azione, sono legate dietro la schiena, come legata e anche la gamba destra, la sinistra invece, che corrisponde alla parte più irrazionale, la meno soggetta al contingente, è libera.
Secondo Guenon, l'ordine celeste, spirituale, gira al contrario rispetto a quello materiale e terrestre. L'Appeso, con la sua posizione capovolta, ricorda all'aspirante mistico che solo annientando se stesso, in una morte apparente, può attingere alla più alta conoscenza mentre l'immobilità della materia corrisponde alla massima attività dello spirito.
Il seme può germogliare solo morendo, come alludono i due alberi ai lati della figura che sembrano avere le chiome verso il basso, nel cuore della terra.
Non è affatto un percorso facile quello del mistico: nei Tarocchi, la lama dell'Appeso è preceduta dalla Forza. Bisogna domare i propri demoni, se si vuole intraprendere il cammino, essere decisi nell'invertire la rotta per precipitare in una morte simbolica come il successivo Arcano Senza Nome
Una volta trovata la strada è necessario perseverare rigorosi; un passo dopo l'altro il seme inizia a dividersi in cellule, con la precisione della Temperanza. Ma per dar vita ad un nuovo organismo occorre anche una forza primigenia, ctonia, ed ecco apparire l'immagine del Diavolo, che dà alla piantina il nutrimento per sopravvivere, rafforzarsi bucare la terra, rappresentata dalla Torre scoperchiata della carta numero sedici, ed uscire finalmente ad ammirar Le Stelle.



e poi...

G. Berti, Storia dei Tarocchi,Mondadori, 2007
C. Gatto Trocchi, I Tarocchi, Newton, 1995
A. Jodorowsky, M. Costa, La via dei Tarocchi, Feltrinelli, 2004
O.Wirth, I Tarocchi, Edizioni Mediterranee, 1990
R. Guénon, Simboli della Scienza sacra, Gli Adelphi, 1990
A. Cattabiani, Calendario, Mondadori 2003