mercoledì 29 febbraio 2012

29 febbraio




Porta sfortuna o porta bene? Chi lo sa; comunque, ogni quattro anni, ce lo dobbiamo sorbire il 29 Febbraio!
Il nome Bisestile, dato all'anno in cui febbraio ha 29 giorni, viene dalla riforma del Calendario attuata da Giulio Cesare nel 46 a.C.
Nella Roma repubblicana, si computava l'anno seguendo un calendario lunare che la tradizione attribuiva al secondo re, Numa Pompilio. L'anno era di 354 giorni ai quali, per farlo coincidere con il ciclo solare, si aggiungevano, ogni due o tre anni, 22 o 23 giorni alla fine Febbraio.
Questi giorni, sommati agli ultimi cinque del mese, andavano a formare il mese intercalare o mese macedonio. A regolare le variazioni del calendario, erano i Pontefici, la massima autorità religiosa, che, spesso e volentieri, allungavano o accorciavano gli anni per prolungare la carica dei magistrati.
Giulio Cesare, avvalendosi della consulenza di astrologi egiziani, adottò un calendario solare. Aggiunse 2 giorni ai mesi di gennaio, agosto (sestile) e dicembre nonché un giorno ai mesi di aprile, giugno, settembre e novembre. Per completare il ciclo solare, mancava ancora ¼ di giornata: si decise di aggiungere un giorno ogni 4 anni da far cadere al sesto giorno prima delle Calende di marzo e da qui deriva il termine bis sextus (due volte il sesto). Nella Roma arcaica, l'anno iniziava con il mese di Marzo, consacrato al dio Marte, mentre i mesi di Gennaio e Febbraio erano considerati un periodo di passaggio: ecco perché i giorni aggiuntivi sono sempre stati collocati in questo periodo.
Rimase però un'eccedenza di alcuni minuti rispetto al ciclo solare che portò, nel corso dei secoli ad un'ulteriore sfasatura, tanto che, nel Trecento il solstizio invernale cadeva il 13 dicembre (da qui il proverbio: Santa Lucia la notte più lunga che ci sia). Papa Gregorio XIII, nel 1582 con un'ulteriore riforma, stabilì che gli anni bisestili cadessero ogni quattro anni, mentre fra i secolari lo fossero solo quelli divisibili per 400. Ma anche questa riforma non è perfetta.
Chissà se porta male o no, probabilmente la sua cattiva fama è causata dalla superstizione dei Romani che ritenevano poco propizia ogni variazione delle forme consuete. Di certo, in Italia i terremoti di Messina e del Friuli caddero in anni bisestili. Come per tutte le superstizioni, esiste il rovescio della medaglia: proprio l'originalità della giornata la fa ritenere favorevole ai nuovi inizi mentre i bambini nati oggi sono considerati fortunati. In Scozia le donne possono,solo oggi, chiedere all'amato di sposarle e costui non può rifiutare.

E poi...
A. Cattabiani, Calendario, Mondadori 2003
A. Cattabiani, Lunario, Mondadori 2002


domenica 26 febbraio 2012

Acrostico di Febbraio




Finché godi il giorno

E ritmi i tuoi passi giocando col

Ballo, non perdere i

Baci! Domani non tornano.

Ridi! Ti prego! E non 

Ascoltare

I vecchi invidiosi!



Oggi è Quaresima.


Alisa Mittler, 2006

sabato 25 febbraio 2012

Febbraio






L'immagine di Febbraio è una miniatura dei fratelli Limbourg, tratta da le Très Riches Heures, un libro d'ore realizzato agli inizi del XV secolo per il Duca Jean di Berry.
I libri d'ore erano dei compendi devozionali dedicati ai laici, che, corredati da calendari con decorazioni miniate, indicavano le preghiere, i salmi, gli inni, da recitare durante la giornata. Nati nel XI si diffusero soprattutto tra il XV e il XVI a livello quasi industriale.
Nel libro del Duca Di Berry, troviamo da un lato il calendario dove sono indicati con estrema precisione la lunghezza dei giorni e le fasi lunari mentre, nella pagina a fronte, sotto alla rappresentazione della volta celeste con il carro del sole, le lune e i segni zodiacali, è miniata l'immagine del mese. In ognuna di queste, a far da sfondo alle scene di svaghi di corte o di lavori agresti, sono le proprietà del duca: i suoi castelli e le sue tenute, resi con precisione naturalistica e grande attenzione ai dettagli.
I tre fratelli Limbourg, che non furono tuttavia gli autori della serie completa, perché morirono di peste nel 1416, lavorarono prevalentemente presso le corti francesi, tuttavia, soprattutto nel libro d'ore, si nota l'influenza della miniatura lombarda e della pittura toscana, tanto che alcuni studiosi arrivano ad ipotizzare il viaggio di uno di loro in Italia. I paesaggi e le figure sono caratterizzati con grazia ma, nello stesso tempo con studio della prospettiva ed estremo realismo, tanto che la loro opera è ritenuta dagli studiosi uno dei primi esperimenti di pittura dal vivo ed è utile per ricostruire le abitudini del tempo, sia dei cortigiani che del popolo.
Il mese di Febbraio mostra un paesaggio innevato. In lontananza un uomo conduce un mulo, mentre un taglialegna è all'opera al bordo di un bosco. In primo piano si vede l'interno di una casa, con tre persone che si scaldano al fuoco, all'esterno avanza una vecchia che si copre con un mantello lacero. L'accuratezza con cui sono tratteggiati i particolari, come i corvi che beccano sulla neve e il cane curioso che osserva accanto al camino, mostrano gusto per la narrazione.
La posizione innaturale e quasi “provocante” delle tre figure intente a scaldarsi e il contrasto con la vecchia che avanza, mi ha fatto venire in mente, ma è solo una mia ipotesi, l'allegoria della lotta tra il Carnevale e la Quaresima, tema che ritorna spesso nel medioevo e nel rinascimento, si veda, ad esempio il famosissimo quadro di Brugel.
Il termine Carnevale, che indica un periodo di festeggiamenti e di follia dopo il Natale, inizia in alcune zone d'Italia già all'Epifania, ma convenzionalmente il 17 gennaio festa di S. Antonio Abate, per concludersi il mercoledì delle ceneri. Nella sola diocesi di Milano, invece, secondo il rito Ambrosiano, il Carnevale continua fino alla domenica successiva.
L'origine del termine Carnevale, usato per la prima volta dal giullare Matazone nel XIII secolo è controversa: potrebbe essere un saluto alla carne dal latino carni vale, dato che, durante la Quaresima le carni erano bandite dalla tavola, o essere inteso come un sollievo alla carne, un periodo di tempo dove gli istinti più elementari erano lasciati liberi di sfogarsi, o, più probabilmente indica il car naval, la nave dei folli che simbolicamente attraversa questo periodo di confusione e della quale è rimasta traccia nelle tante sfilate allegoriche attraverso le città.
L'allegria, il capovolgimento dei ruoli, l'atmosfera orgiastica, richiamano i Saturnali romani e altre feste pagane come leAntesterie celebrate in primavera ad Atene in onore di Dioniso.
Il Carnevale è tempo di di passaggio tra una stagione e come sempre accade in questi momenti c'è una contaminazione con il mondo infero: gli spiriti dei trapassati sono liberi di tornare sulla terra e mescolarsi con i viventi. Le maschere altro non sono che corpi atti a dare consistenza alle anime che possono così muoversi in mezzo a noi. Si pensi che, il nome della maschera italiana più popolare, Arlecchino, deriva da Hoelle Koenig, re degli inferi. In Sardegna protagonisti del Carnevale sono i mamuthones, personaggi spaventosi vestiti di pelli e con campanacci sulle spalle, tenuti a bada dagli issicadores con le funi.
C'è infatti qualcosa di sinistro nel Carnevale, nella sua allegria forzata, nell'ineluttabilità della festa, nel dover sottostare agli scherzi. È un'allegria venata di inquietudine perché si sa che la festa con i suoi doni è destinata a finire presto, anzi la festa ha senso proprio perché annuncia la morte necessaria alla rigenerazione della natura e ad un nuovo anno e le forze infere, benché indispensabili incutono sempre diffidenza e timore.
Il re del Carnevale, che regge le sorti di quel mondo alla rovescia, alla fine della festa viene simbolicamente ucciso o scacciato. Un po' come il Rex Saturnaliorum che torna ad essere legato nel tempio o i morti espulsi da Atene dopo le Antesterie. Talvolta è identificato addirittura con il Diavolo come a Point- Saint- Martin in Valle d'Aosta. Altre volte con il tiranno locale come ad Ivrea dove, ancora oggi si intraprende una battaglia con arance in ricordo della rivolta popolare. Ora che la luce trionfa sulle tenebre, il nuovo anno può cominciare.

e poi... 
A. Cattabiani, Calendario, Mondadori 2002
 
A. Cattabiani, Lunario, Mondadori 2002

venerdì 10 febbraio 2012

regalare cavoli



In inverno i balconi sono per così dire a riposo, non è però necessario che rimangano spogli; per la stagione fredda l’ideale è il cavolo.
Si avete capito bene, il cavolo ornamentale. Bello è bello, resistente pure e si accontenta di poche attenzioni. A noi pare strano ma, già da tempo, in Francia si usano cavoli usano per decorare bordure di giardini e aiuole. La Brassica Oleracea, questo è il suo nome scientifico, è ottenuta per ibridazione ed è una pianta europea, che ha avuto grande successo negli Stati uniti dove, con spirito pratico, si unisce l’utile al dilettevole: dopo la fioritura finisce nel piatto. Può essere  acephala o capitata a seconda se ha la “testa” come il cavolfiore o è composta solo da foglie arricciate. Il cavolo Ama le temperature invernali, come dice anche il proverbio: chi pon il cavolo in aprile, tutto il mondo se ne ride. A seconda della varietà, si semina tra la primavera e l’estate e, messo a dimora in autunno, garantisce una fioritura per l’inverno. Le pigmentazioni vivaci dei cavoli ornamentali, che vanno dal bianco al viola, al giallo, sono ottenute grazie alle temperature fredde, quindi, benché temano le gelate, un clima troppo mite, li lascerebbe di un anonimo colore verdognolo.
Il cavolo ornamentale è commestibile, anche se non è il caso di assaggiare quelli comprati nelle nostre serre, che sono trattati chimicamente. Mi è capitato di leggere che alcuni giardinieri con particolari paturnie artistiche li colorano. Benché la letteratura popolare in un certo senso lo svilisca come alimento povero, il cavolo è ricco di sali minerali, potassio e zolfo. E’ quindi cibo per piatti quaresimali, ma di difficile digestione insomma, i cavoli a merenda non sono proprio l’ideale!
Secondo Plinio, naturalista vissuto nel I secolo d C., preservava dalle ubriacature, quindi, dopo aver mangiato del cavolo si poteva bere a volontà. Probabilmente questa diceria affonda le radici in un racconto mitologico: Licurgo, re della Tracia, distrusse le viti di Bacco che, per punirlo, lo legò alla vite. Dalle lacrime di Licurgo nacquero le piante del cavolo. Leggenda contadina vuole che tra il cavolo e la vite ci sia inimicizia, tanto che, se si piantasse il cavolo vicino alla vite, questa miracolosamente si sposterebbe. Altre leggende narrano di Licurgo come un oppositore del culto di Dioniso: nell’Iliade getta in mare il dio fanciullo, ricevendone in cambio la cecità, secondo un’altra versione, imprigionò le baccanti che, una volta libere lo resero folle e colpì a morte il proprio figlio scambiato per un tralcio di vite.
È nota la leggenda, forse derivata dalla forma dell’ortaggio che ricorda un utero, secondo cui i bambini nascono sotto i cavoli ma, poiché si un tempo si credeva che un decotto di cavolo facesse espellere i feti morti, questo ortaggio ha anche un significato funebre. Addirittura è traghettatore di anime: in molte fiabe il cavolo è la scala per accedere al regno dei cieli.
Quindi, perchè no, invece della solita piantina esotica, o della stella di natale, che tanto muore subito, regalate un bel cavolo!


e poi..

A.Cattabiani. Florario , Mondadori 1996
M. Lombradi. Bello… come un cavolo. in Gardenia , 309, gennaio 2010
M. Gramaglia. Cavoli, cavolfiori, cavoli colorati, coltiviamoli così. in Gardenia, 309, gennaio 2010

lunedì 6 febbraio 2012

purifichiamoci 1. Lupercalia




Febbraio è mese di purificazione come dice l'etimologia del suo nome, dal verbo latino februare ossia purificare. E dopo tutto che cosa è la febbre se non un innalzamento della temperatura dell'organismo che lo purifica dalla malattia? Nell'antica Roma la dea Febris, personificazione della Febbre era venerata ma soprattutto temuta tra gli strati più bassi della popolazione che viveva nelle zone malsane. Le Februalia erano feste di purificazione dedicate al dio Februus in cui si purificava la città con offerte ai defunti.  
A metà del mese di Febbraio si celebravano i Lupercalia, una cerimonia che preludeva alla fine dell'inverno e alla rigenerazione della natura.
Riuniti sul Palatino, in una grotta dove, secondo la tradizione, la Lupa aveva allattato Romolo e Remo, i Luperci, una confraternita di sacerdoti, dopo aver sacrificato, alla presenza del Flamen Dialis (sacerdote di Giove), alcuni caproni e un cane con il coltello bagnato nel sangue toccavano la fronte di due giovinetti per poi ripulirli con un un batuffolo di lana inzuppata nel latte. In seguito, i Luperci nudi, con i fianchi cinti soltanto da pelle di capri, si lanciavano di corsa lungo la Via Sacra e colpivano le donne sul ventre con corregge dello stesso animale come augurio di fecondità.
Secondo Ovidio, che fa risalire questa cerimonia alle origini di Roma, dopo il Ratto delle Sabine, le spose divennero sterili e, la popolazione recatisi nel bosco sacro a Giunone per implorare la dea che presiedeva al parto, ricevette un responso inquietante:le donne dovevano unirsi con un caprone. Un indovino etrusco sciolse l'enigma e, immolato un capro, percosse il dorso delle spose italiche con corregge ricavatene dalla pelle. E infatti la pelle da cui si ricavavano le strisce con cui si percuoteva il ventre delle donne durante la festa dei Lupercali, era detta anche amiculum Iunonis.
Probabilmente, nella cerimonia dei Lupercalia confluivano due culti arcaici come testimonia anche la duplicità del collegio sacerdotale i cui membri si dividevano in due gruppi: i Quinctiales e i Fabiani.
I romani in età arcaica veneravano il dio Fauno, simboleggiato dall' Hircus ossia il caprone animale dalla sessualità potente e quindi associato alla fertilità. I sabini invece, sul monte Soratte, adoravano Hirpus Soranus il lupo, dio infero, purificatore e fecondatore. Il Lupo, prima dell'accezione negativa, aveva una connotazione solare: il suo nome greco Lykos ha la stessa radice di Lyke (luce). A Lykopolis si adoravano insieme Apollo e il Lupo e Virgilio, nell'Eneide, accostava Apollo a Soranus. Quindi il Lupo poteva essere anche un simbolo solare dell'anno che si risveglia e delle natura feconda. Probabilmente l'etimologia di Lupercus deriva proprio dall'unione di Lupus e Hircus e i Luperci altro non erano che Lupi coperti da una pelle di capro; quindi la festa dei Lupercali, sopravvissuta anche in epoca cristiana, celebrava la fine dell'inverno e il risveglio della natura.

A.Cattabiani, Simboli, miti e misteri di Roma, 1990
A.Cattabiani, Calendario, 2002
R.Del Ponte, la religione dei romani, 1992
Enciclopedia tematica - antichità classica.



domenica 5 febbraio 2012

nevicata





Soffiano stamattina avanzi d’angelo 

e un nunzio forestiero pennuto 

incrina col becco le imposte di vetro. 

Poi scrolla dal cielo 

frattaglie di ballerine. 

Un Lazzaro immacolato 

sbozzato da piccolo mastri senza com - 

passione 

-così per gioco- 

si toglierà le bende sulla panchina.


Domani che è primavera.


Alisa Mittler, 2006