venerdì 21 dicembre 2012

solstizio d'inverno




Quando al solstizio d'inverno il Sole rinasce in forma di Bambino, può assumere anche il volto di un  abete, di un ginepro, di un agrifoglio, o quello, ancor più misterioso, di una pianticella che non tocca mai terra e si deve tagliare con un falcetto d'oro.


A. Cattabiani
Erbario, 1994



domenica 16 dicembre 2012

il tredicesimo segno: Ofiuco





Visibile alle nostre latitudini in primavera, la grande costellazione dell'Ofiuco rappresenta un uomo che tiene tra le mani un serpente o ne è avvolto dalle spire. Il suo nome deriva dal greco Ofiokos che significa appunto colui che tiene il serpente.
Benché nota agli antichi, l'astrologia occidentale non tiene conto della costellazione di Ofiuco; solo negli anni 70 Steven Schmidt pensò di inserirla tra le costellazioni astrologiche, proponendo uno zodiaco a 14 segni, dove, oltre ad Ofiuco, aveva incluso anche la Balena. Conobbe una certa popolarità in Giappone quando Berg e Yazaki, negli anni 90 suggerirono una carta astrologica che comprendeva anche il segno dell'Ofiuco.
Quindi gli Oroscopi sono tutti da rifare? Probabilmente no, perché l'astrologia non si basa su un'osservazione astronomica, ma su dati convenzionali
Lo zodiaco è la fascia che si estende sopra l'eclittica, l'orbita descritta apparentemente dal sole che, nel percorso annuale intorno alla terra, sembra attraversare le costellazioni.
Quelli che noi chiamiamo segni zodiacali sono delle ripartizioni dello zodiaco basate, non su dati astronomici, ma su cicli stagionali: a partire dall'equinozio di primavera, il momento in cui si intersecano eclittica ed equatore celeste, detto anche punto vernale, si divide la fascia zodiacale in dodici parti uguali di 30 gradi ciascuna. Ogni settore corrisponde ad un segno che viene a coincidere con l'inizio di una stagione ( i segni cardinali: Ariete, Cancro, Bilancia, Capricorno), il suo culmine (i segni fissi: Toro, Leone, Scorpione, Acquario), o la sua fine (i segni mobili : Gemelli, Vergine, Sagittario, Pesci).
Si tratta di una divisione convenzionale, in quanto le costellazioni, che il sole sembra attraversare nel suo moto apparente, hanno astronomicamente una diversa estensione, dai 7 gradi dello Scorpione, ai circa 40 della Vergine.
I segni zodiacali sono collegati alle rispettive costellazioni soltanto dal nome: a causa della processione degli equinozi, ai giorni nostri, il punto vernale non cade più nel segno dell'Ariete, ma nel precedente segno dei Pesci e pertanto le costellazioni astrologiche vengono a trovarsi sfasate rispetto a quelle astronomiche. Quindi, benché alcuni astrologi lo tengano in considerazione, si può dire tranquillamente che Ofiuco è una costellazione ma non un segno zodiacale.
Chi rappresenta Ofiuco? Per i Greci incarnava Asclepio, il dio della medicina, figlio di Apollo e Coronis, che, già incinta del dio, si innamorò di un mortale, Ischis. Avvertito da un Corvo dell'adulterio, Apollo uccise Coronis, ma quando la donna era già sulla pira funebre, estrasse dal grembo il figlio ancora vivo.
Affidato al centauro Chirone, che lo istruì nell'arte della medicina, il giovane Asclepio, divenne così abile da resuscitare persino i morti. Incenerito da Zeus, su suggerimento di Ade, il dio degli inferi, preoccupato da questa inquietante capacità, fu posto in cielo nella costellazione dell'Ofiuco o Serpentario.
Il centro più antico del culto di Asclepio fu in Tessaglia a Tricca, ma Il santuario più famoso era certamente Epidauro, dove si praticava l'Incubatio: il paziente veniva fatto dormire nel recinto del tempio del dio e un sacerdote ne interpretava i sogni, traendone diagnosi e auspici per la salute. Il culto di Asclepio si diffuse anche a Roma a partire dal III a. C, dove si asseriva che il dio chiamato Esculapio fosse arrivato nell'Urbe sotto le sembianze di un grosso serpente, per combattere un'epidemia.
Il serpente, animale associato nel mondo antico alla medicina, per la capacità del suo veleno di guarire, è simbolo di immortalità perché muta ogni anno la pelle. E' quindi sacro  non solo ad Aslepio – Esculapi,o che viene raffigurato con il caduceo,  una verga con un serpente attorcigliato, ma di quasi tutte le divinità legate all'arte medica nel bacino del mediterraneo. Anche il bastone di Mosè è per alcuni una specie di verga di Esculapio: mutatosi in serpente, liberò l'Egitto dalle piaghe e, una volta piantato nel deserto, diventa il serpente di ferro, capace di curare gli ammalati con lo sguardo.
Il serpente è anche un animale associato alla terra, alla luna e alle divinità femminili delle grandi madri, le cui sacerdotesse conoscevano i segreti della medicina. Con l'arrivo degli Elleni in Grecia, il culto delle grandi madri fu soppiantato da quello degli dei e quindi l'uccisione di Coronide, antica dea cui era sacro il corvo (il suo nome significa proprio cornacchia) e la nascita di Aslepio sono immagine del cambiamento da una società matriarcale ad una patriarcale. Pure il corvo, divenne animale sacro ad Apollo.
Osservando la carta del cielo del 3500 a. C, si nota come Ofiuco si trovasse in opposizione al sole durante l'equinozio di primavera e la sua testa sembrava poggiare specularmente su quella di un'altra costellazione collegata ad un eroe mitologico: Ercole. Ofiuco pare schiacciare lo Scorpione, mentre Ercole fa lo stesso con il Drago, immagine che rimanda ad una prossima vittoria dei due eroi solari sulle forze oscure del caos, dopo aver attraversato le tenebre invernali; simbologia che ben si adatta alla posizione delle costellazioni sull'eclittica che presiedono proprio al tardo autunno quando la forza del sole pare venir meno.
Per chi vuole ugualmente vedere nell' Ofiuco, un segno zodiacale, vi appartengono i nato tra il 30 novembre e il 17 dicembre, che sarebbero dei saggi illuminati, eremiti amanti dell' ambiente e filantropi.

E poi...

A. Cattabiani. Planetario, Mondadori, Milano 2001
L'Universale, la grande Enciclopedia Tematica, Simboli, Garzanti 2004
L'Universale, la grande Enciclopedia Tematica, Antichità classica, Garzanti 2004
www.astropoli.it

domenica 9 dicembre 2012

Erica, la pianta delle fate






Un po' mi assomigliano queste piante solitarie, amanti dei grandi spazi. Anche se preferisco vederle nel loro habitat sono contenta che siano tornate a rallegrare con i loro colori caldi i giardini e i balconi. Parlo delle Eriche, rustiche e resistenti, tanto da diventare simbolo di solitudine e forza, piante magiche per alcuni popoli, con i fiori che ricordano i cappelli degli elfi.
In realtà noi chiamiamo Erica una grandissima varietà di specie della famiglia delle ericacee. I generi sono tre: Erica che comprende oltre 600 specie, la Calluna, con la sola specie di Calluna Vulgaris, e la Daboecia con due specie sempreverdi e rustiche, a fiori grandi e campanulati.
Le Eriche sono tra loro diverse per aspetto e provenienza. La maggior parte è originaria del bacino mediterraneo, altre provengono dell'Europa continentale, molte sono indigene dell'Italia.
Di comune hanno la rusticità e una buona resistenza, infatti il nome Erica deriva dal verbo greco ereikon che significa rompere. Si pensava infatti che le sue radici rompessero la pietra, e quindi il suo decotto fosse un rimedio utile contro i calcoli.
Le Ericacee Hanno aspetto diverso, sia per dimensioni che per fiori e foglie.
Erica arborea
L'Erica Arborea, originaria dell'Europa meridionale è abbondante anche in Italia. Fiorisce in primavera e può raggiungere un'altezza di 6 metri, i fiori a forma di globi, rimangono sulla pianta anche quando sono secchi. Viene chiamata anche “scopa” perché nelle campagne era usata appunto per fabbricare le scope.
Erica carnea

L'Erica Carnea ha fiori rosa piccoli con antere rosse. Fiorisce all'inizio dell'anno, ma alcune specie arrivano in fiore fino a maggio. Originaria dell'Europa continentale in Italia è presente sulle Alpi e sull'Appennino settentrionale, può arrivare a vivere fino a 2500 metri di altitudine.
Altre Eriche, originarie dei paesi mediterranei o del sudafrica, come l'Erica Autumnalis o l'Erica Multiflora, sono meno rustiche e da noi vanno coltivate con qualche accorgimento visto che non tollerano le gelate.
Un cesto di calluna vulgaris
Una bella presenza sui nostri balconi, chiamata semplicemente Erica è in realtà la Calluna Vulgaris. È stato il botanico Salisbury nell'ottocento a dissociare la Calluna dal genere Erica. E'un arbusto nano con fiori pendenti dai colori che variano dal bianco, al rosa, al lilla che fioriscono soprattutto in autunno.
Il nome Calluna deriva dal verbo kallynein che significa scopare. Non siate maliziosi: questo arbusto era usato nelle campagne per fare le scope, mentre con il legno si fabbricavano i fornelli per le pipe.
È chiamata anche Brugo da brucus che era il nome celtico della pianta da cui deriva poi la parola brughiera. Si adatta alla terra povera e calcarea e forse per questo è associata alla solitudine.
Il suo fiore dà miele saporito e piuttosto pregiato.
In medicina è consigliata per curare le affezioni della vie urinarie: si usa contro la cistite e la diarrea, e pare che il suo decotto, se aggiunto all'acqua del bagno, sia efficace contro i reumatismi.
I popoli nordici consideravano l'Erica l'erba delle fate che, secondo alcune leggende, dimoravano fra i suoi fiori. Era sconsigliato addormentarsi sopra un cespuglio d'Erica, perché si rischiava di essere rapiti da loro, ma allo stesso tempo, ci si metteva in contatto con l'aldilà.
Le scope di Erica, utilizzate anche per pulire i templi, scacciavano gli spiriti maligni dalla casa. L'Erica bianca era considerata un portafortuna per il matrimonio.
Forse perché fiorisce per lo più in autunno, l'Erica è associata al segno dello Scorpione e pare ne tempri le asperità del carattere.
Le ericacee sono arbusti perenni, anche se sta prendendo piede l'abitudine, forse dettata dalla pigrizia, di trattarle da annuali. Sono di coltivazione facile in giardino più difficile in vaso (per la cronaca io ci ho provato a conservarle, dopo l'inverno, ma a luglio mi hanno preso un colpo di calore e sono schiattate). Tranne quelle prettamente mediterranee, sono rustiche e adatte a climi piuttosto rigidi. Vanno collocate in pieno sole, in terreno acido(quelle mediterranee tollerano una certa dose di calcare) misto di sabbia e torba. L'innaffiatura deve essere frequente,meglio se con acqua piovana o comunque poco calcarea, facendo attenzione ai ristagni e concimate con moderazione perché è facile “bruciare” le radici.
Se si vuole conservare la pianta specie se in vaso, a primavera è consigliabile eseguire una leggera potatura mescolando il legno tagliato alla terra.


...e poi
Eriche europee e sudafricane, Coltiviamole così; F.Fessia in Gardenia 306, ottobre 2009
Enciclopedia tematica, Fiori e giardino
A.Cattabiani, Florario, Mondadori 1996

www.leserre.it



sabato 1 dicembre 2012

avvento





Adesso che le zucche

 evaporate 

 sciolgono il ghigno 

arancio 

e senza denti 

nei piovaschi. 



Oggi che il 

giallo
 
delle foglie 

annacqua morto 

le pozzanghere 



E su cielo
 
grigio
 
si fa vero 

il profilo 

verde e bianco 

delle chiese
 
rinascimentali

 

Aspettate ad 

accendere le luci.

Non turbate 

i crepuscoli 

già svegli dopo pranzo

 

Per piacere 

vorrei rinascere in pace




Alisa Mittler, 2006