L'immagine di Febbraio è una miniatura dei fratelli Limbourg, tratta da le Très
Riches Heures, un libro d'ore realizzato agli inizi del XV
secolo per il Duca Jean di Berry.
I
libri d'ore erano dei compendi devozionali dedicati ai laici, che,
corredati da calendari con decorazioni miniate, indicavano le
preghiere, i salmi, gli inni, da recitare durante la giornata. Nati
nel XI si diffusero soprattutto tra il XV e il XVI a livello quasi
industriale.
Nel
libro del Duca Di Berry, troviamo da un lato il calendario dove sono
indicati con estrema precisione la lunghezza dei giorni e le fasi
lunari mentre, nella pagina a fronte, sotto alla rappresentazione
della volta celeste con il carro del sole, le lune e i segni
zodiacali, è miniata l'immagine del mese. In ognuna di queste, a far
da sfondo alle scene di svaghi di corte o di lavori agresti, sono le
proprietà del duca: i suoi castelli e le sue tenute, resi con
precisione naturalistica e grande attenzione ai dettagli.
I
tre fratelli Limbourg, che non furono tuttavia gli autori della serie
completa, perché morirono di peste nel 1416, lavorarono
prevalentemente presso le corti francesi, tuttavia, soprattutto nel
libro d'ore, si nota l'influenza della miniatura lombarda e della
pittura toscana, tanto che alcuni studiosi arrivano ad ipotizzare il
viaggio di uno di loro in Italia. I paesaggi e le figure sono
caratterizzati con grazia ma, nello stesso tempo con studio della
prospettiva ed estremo realismo, tanto che la loro opera è ritenuta
dagli studiosi uno dei primi esperimenti di pittura dal vivo ed è
utile per ricostruire le abitudini del tempo, sia dei cortigiani che
del popolo.
Il
mese di Febbraio mostra un paesaggio innevato. In lontananza un uomo
conduce un mulo, mentre un taglialegna è all'opera al bordo di un
bosco. In primo piano si vede l'interno di una casa, con tre persone
che si scaldano al fuoco, all'esterno avanza una vecchia che si copre
con un mantello lacero. L'accuratezza con cui sono tratteggiati i
particolari, come i corvi che beccano sulla neve e il cane
curioso che osserva accanto al camino, mostrano gusto per la
narrazione.
La
posizione innaturale e quasi “provocante” delle tre figure
intente a scaldarsi e il contrasto con la vecchia che avanza, mi ha
fatto venire in mente, ma è solo una mia ipotesi, l'allegoria della
lotta tra il Carnevale e la Quaresima, tema che ritorna spesso nel
medioevo e nel rinascimento, si veda, ad esempio il famosissimo
quadro di Brugel.
Il
termine Carnevale, che indica un periodo di festeggiamenti e di
follia dopo il Natale, inizia in alcune zone d'Italia già
all'Epifania, ma convenzionalmente il 17 gennaio festa di S. Antonio
Abate, per concludersi il mercoledì delle ceneri. Nella sola diocesi
di Milano, invece, secondo il rito Ambrosiano, il Carnevale continua
fino alla domenica successiva.
L'origine
del termine Carnevale, usato per la prima volta dal giullare Matazone
nel XIII secolo è controversa: potrebbe essere un saluto alla carne
dal latino carni vale, dato che, durante la Quaresima le
carni erano bandite dalla tavola, o essere inteso come un sollievo
alla carne, un periodo di tempo dove gli istinti più elementari
erano lasciati liberi di sfogarsi, o, più probabilmente indica
il car naval, la nave dei folli che simbolicamente
attraversa questo periodo di confusione e della quale è rimasta
traccia nelle tante sfilate allegoriche attraverso le città.
L'allegria,
il capovolgimento dei ruoli, l'atmosfera orgiastica, richiamano i
Saturnali romani e altre feste pagane come leAntesterie celebrate
in primavera ad Atene in onore di Dioniso.
Il
Carnevale è tempo di di passaggio tra una stagione e come sempre
accade in questi momenti c'è una contaminazione con il mondo infero:
gli spiriti dei trapassati sono liberi di tornare sulla terra e
mescolarsi con i viventi. Le maschere altro non sono che corpi atti a
dare consistenza alle anime che possono così muoversi in mezzo a
noi. Si pensi che, il nome della maschera italiana più popolare,
Arlecchino, deriva da Hoelle Koenig, re degli inferi. In Sardegna
protagonisti del Carnevale sono i mamuthones, personaggi
spaventosi vestiti di pelli e con campanacci sulle spalle, tenuti a
bada dagli issicadores con le funi.
C'è
infatti qualcosa di sinistro nel Carnevale, nella sua allegria
forzata, nell'ineluttabilità della festa, nel dover sottostare agli
scherzi. È un'allegria venata di inquietudine perché si sa che la
festa con i suoi doni è destinata a finire presto, anzi la festa ha
senso proprio perché annuncia la morte necessaria alla rigenerazione
della natura e ad un nuovo anno e le forze infere, benché
indispensabili incutono sempre diffidenza e timore.
Il
re del Carnevale, che regge le sorti di quel mondo alla rovescia,
alla fine della festa viene simbolicamente ucciso o scacciato. Un po'
come il Rex Saturnaliorum che torna ad essere legato nel tempio o i
morti espulsi da Atene dopo le Antesterie. Talvolta è identificato
addirittura con il Diavolo come a Point- Saint- Martin in Valle
d'Aosta. Altre volte con il tiranno locale come ad Ivrea dove, ancora
oggi si intraprende una battaglia con arance in ricordo della rivolta
popolare. Ora che la luce trionfa sulle tenebre, il nuovo anno può
cominciare.
e poi...
A.
Cattabiani, Calendario, Mondadori 2002
A.
Cattabiani, Lunario, Mondadori
2002
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