Ricomincia l'anno e anche
il blog, un po' trascurato ultimamente. Sebbene questi siano appunti
buttati giù a mano durante le crisi di emicrania e poi riordinati al
pc, cercherò di essere un po' più costante.
Il capodanno è passato
da oltre un mese, l'Uroboro il serpente del Tempo che trascorrendo si
rinnova, torna a mordersi la cosa e inizia un nuovo ciclo. Ma quando
è davvero il punto di rottura e coincidenza insieme?
Il Celti lo individuavano
al 31 ottobre, nella notte di Samhain.
I romani iniziarono a
festeggiarlo alle Calende di Gennaio dal II secolo a.C., quando, a
partire dal 153 a.C. segnava la data di insediamento dei due consoli,
ma secondo la tradizione fu Numa Pompilio che, riformando l'arcaico
Calendario di Romolo, sostituì l'antico Capodanno che cadeva a
Marzo.
Il
mese di Gennaio a Roma era dedicato al dio Giano, il cui nome deriva
da Ianua la porta e,
sebbene l'etimologia sia diversa, non si può non notare l'assonanza
con il nome di Giovanni. Ma, stando a quanto dice René Guenon, anche
le assonanze non sono da trascurare ed infatti, la liturgia
cattolica, ricorda proprio a ridosso dei solstizi i due San Giovanni:
il Battista al 24 giugno e l'Evangelista al 27 dicembre.
Il
Capodanno primaverile continuò però ad essere festeggiato nei
secoli successivi alla caduta dell'impero Romano nei vari stati della
penisola italiana. Firenze, fino al 1749 faceva iniziare l'anno il
giorno dell'Incarnazione, il 25 marzo, Venezia il primo di marzo,
mentre a Milano, fino al 1797, il capodanno era il 25 dicembre.
Ma
tornando all'antica Roma, il calendario attribuito a Numa Pompilio,
che in realtà dovrebbe risalire all'epoca dei Tarquini, aggiungeva
ai consueti dieci altri due mesi per armonizzare la durata del mese
lunare, con il ciclo solare. Probabilmente questi mesi sarebbero
stati proprio Gennaio e Febbraio, ma non è certo. Alcuni studiosi,
ad esempio Carandini, sostengono che ciò non sarebbe possibile, in
quanto in questo periodo si celebravano feste antichissime che non
potevano certo venire spostate e forse ad essere aggiunti furono mesi
privi di importanti ricorrenze, come settembre e novembre.
Però
il mese lunare non poteva essere una frazione esatta dell'anno
solare: restava una differenza di 10 giorni e un quarto che venne
recuperato con l'inserimento ogni due anni di 22 o 23 giorni
alternativamente, che sommati agli ultimi 5 giorni di febbraio,
andavano a formare il mese intercalare, inserito prima della
lunazione primaverile.
Ma
anche questa correzione non fu sufficiente a far quadrare i conti. Il
compito di gestire le intercalazioni era affidato ai pontefici, che
spesso allungavano o accorciavano il tempo per prolungare le cariche
politiche. Prima della riforma di Giulio Cesare nel 46, la confusione
era tale che il Solstizio d'inverno cadeva ad ottobre.
Cesare,
sotto la guida dell'astronomo Sosigene, decise di abbandonare il
calendario lunare a favore di quello solare degli Egizi, mantenne
l'anno di dodici mesi, aggiungendo un giorno ad aprile, giugno,
settembre e novembre e due a gennaio, agosto e dicembre.
Restava
la differenza di un quarto di giorno, che veniva recuperato ogni
quattro anni con l'inserimento di un giorno supplementare sei giorni
prima delle calende di marzo, il mese di febbraio aveva così due
volte il sesto giorno e l'anno veniva chiamato bisestile.
Tuttavia
il calendario odierno non è precisamente quello ideato da Giulio
Cesare, ma si basa sulla riforma di papa Gregorio XIII che corresse
le imperfezioni della riforma Giuliana. Infatti, ogni anno durava
circa 11 minuti in più rispetto al corso del sole, minuti che
sommandosi, andavano a formare un giorno in più ogni 128 anni così
che equinozi e solstizi erano “retrocessi” di alcuni giorni.
Questa
sfasatura venne corretta nel 1582, riportando l'equinozio di
primavera al 21 marzo, togliendo alcuni giorni e stabilendo che tra
gli anni secolari fossero bisestili solo quelli divisibili per 400.
In
molti calendari è presente una differenza tra i cicli astrali che
conta 11-12 giorni, il cosiddetto dodekameron, un periodo di
tempo fuori dal tempo, che, a seconda della tradizione è collocato
in vari punti dell'anno.
Le
più importanti feste celtiche cadevano a 40 giorni da solstizi ed
equinozi, il termine 40 torna anche nel calendario giudeo come quello
cristiano; la Quaresima tempo di digiuno e purificazione dura appunto
40 giorni e 40 giorni passano dalla Pasqua all'Ascensione. Pare
esserci quindi un substrato comune a molte culture indoeuropee, che
divide l'anno in cicli di 40 giorni fino ad un totale di 320.
I
giorni che rimanevano al completamento del ciclo solare erano quindi
un tempo fuori dal tempo, dedicato a rituali di purificazione e
rigenerazione.
Se
guardiamo ai tempi nostri, sebbene “sbiadite” dalla modernità e
dal consumismo, le maggiori feste da Halloween che deriva
dall'antico Samhain, celtico e che in alcune zone dell'Italia si
fonde con la ricorrenza di San Martino, alla grande Festa che va dal
solstizio invernale all'Epifania inglobando il capodanno civile, al
carnevale in primavera, presentano molte similitudini. In primo luogo
la durata di 12 giorni che accomuna il periodo del Samhain autunnale
alle feste natalizie e poi le maschere, i fuochi, l'evocazione dei
defunti tutti elementi che ricorrono seppure non concomitanti, in
questi giorni che interrompono lo scorrere del tempo.
Ma
tornando nuovamente al calendario romano arcaico, quello in uso prima
della riforma di Numa Pompilio sappiamo che era composto di dieci
mesi dalla durata variabile e l'anno, secondo Macrobio durava 304
giorni, mentre per Plutarco 360. Come mai questa differenza proprio
di 60 giorni? Probabilmente ci si riferisce a due periodi diversi.
Lo
studioso iranico Gangadar Tilak vissuto nella seconda metà
dell'ottocento, esaminò i Veda, ossia la letteratura antica
indoeuropea che assieme all'Avesta iranica, parlava di una dimora
nelle regioni subpolari degli antichi popoli indoeuropei antenati
anche dei romani. Il loro anno era composto di dieci mesi in quanto
non erano computati i due mesi bui della notte polare. Quando poi
migrarono a sud, in zone dai climi più miti aggiunsero i due mesi
all'antico calendario.
Quindi
i mesi di gennaio e febbraio sono sentiti ancora ai tempi nostri come
una lunga alba in preparazione al nuovo anno, dove si innestano riti
di vario tipo. Purificatori come la Candelora e la Quaresima,
orgiastici come in Carnevale o di buon auspicio come la festa di
Sant'Antonio. Tutte cerimonie con un substrato comune:
mascherate, pratiche di magia imitativa, abbattimento delle barriere
sessuali e sociali in un clima orgiastico, formazione di compagnie
purificatrici e fecondanti che attuavano questue e denunciavano
pubblicamente le mancanze della società. Un Tempo fuori dal tempo un
momento di cesura che prelude alla rinascita.
...e poi
E.Baldini, G. Bellosi, Tenebroso Natale. Il lato oscuro della Grande Festa. Laterza, 2012
A. Cattabiani, Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell'anno. Mondadori, 2003
C. Miles, Storia del Natale, tra riti pagani e cristiani.Odoya, 2010.
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