domenica 1 gennaio 2012

Gennaio




L'immagine per il mese di gennaio è un mosaico della cripta dall'abbazia di San Colombano a Bobbio. Rappresenta un personaggio con due facce intento a scaldarsi al fuoco. Sotto di lui il segno dell'acquario.
L'abbazia di san Colombano fu fondata nel 614 a Bobbio dall'omonimo monaco irlandese, la cui regola prescriveva, oltre ai tradizionali compiti della vita monastica quali la preghiera e il lavoro agricolo, anche la diffusione della cultura. L'abbazia fu infatti un importante centro culturale con scriptorium e una biblioteca fornitissima. La basilica odierna venne edificata nel 1400 sopra una precedente chiesa costruita intorno all'anno 1000.
Il nostro mosaico, realizzato con sassi del Trebbia e inserti marmorei, si trova sul pavimento di quest'ultima, in una cappella della cripta, che, assieme al campanile, è ciò che rimane della primitiva costruzione. Sono raffigurate scene tratte dal libro dei Maccabei, animali fantastici e appunto la serie dei mesi.
Gennaio bifronte è una chiara allusione a Giano, la divinità romana custode delle porte e dei passaggi che guardava con volto di vecchio il passato e di giovane il presente, cui il mese, che ne porta il nome, era dedicato. Talvolta, il primo mese dell'anno è raffigurato addirittura con tre volti come nella Misericordia degli Stalli di Zurigo, a rappresentare passato, presente e futuro.
Il personaggio del nostro mosaico si scalda accanto al fuoco, allusione al clima rigido della stagione, ma pure un chiaro richiamo ai tanti fuochi accesi durante i riti le feste del mese di gennaio. Periodo di passaggio quello a ridosso del solstizio invernale: si officiavano cerimonie di purificazione , ma il fuoco era anche segno di forza che si voleva imprimere al sole all'inizio del suo nuovo cammino. Il 6 gennaio, in molte località è usanza bruciare la Vecchia, un fantoccio carico di doni, simbolo della natura invecchiata che deve morire per rinascere, ma che, prima di andarsene porta regali come semi, richiamo alla continuità con il passato.
Pure S. Antonio Abate, festeggiato il 17 gennaio come protettore degli animali e raffigurato in compagnia di un maialino, viene associato nella tradizione popolare al fuoco, tanto che l'herpes zoster nel linguaggio corrente è diventato il fuoco di S. Antonio. Le basi storiche si ritrovano nelle cure prestate presso la città di Vienne, in Francia, dove erano custodite le reliquie del santo traslate da Costantinopoli, ad un male oggi pressoché debellato: l'ergotismo che era comunemente chiamato Ignis Sacer. Causato da un fungo della farina di segale, si manifestava con tremori, convulsioni, difficoltà di deambulazione, febbre e cancrena. I monaci, che gestivano l'ospedale, avevano ottenuto dal papa il privilegio di allevare maiali, con il cui grasso curavano appunto l'ignis sacer.
Secondo una leggenda, S. Antonio aveva guarito un porcellino malato, che poi divenne suo fedele amico e fu proprio grazie allo scompiglio causato da quest'ultimo fra i diavoli, che il santo poté intrufolarsi all'inferno e rubare il fuoco da donare agli uomini. In tutta Italia, nei giorni a ridosso della sua festa, si benedicono gli animali e si accendono falò. Probabilmente, la figura di Antonio altro non è che la cristianizzazione di una divinità celtica: Lug, signore della luce e della rinascita, dio del rinnovamento  cui era affidata la fertilità degli animali. A lui erano consacrati i maiali e i cinghiali.
A Villalago in Abruzzo la sera del 21 gennaio si accendono fuochi in onore di un altro santo, Domenico. Gennaio si chiude con i giorni della merla che, secondo tradizione, sono i più freddi dell'anno e nel cremonese è sopravvissuto un rito, che racchiude tutta la simbologia del mese: il fuoco di purificazione, i canti propiziatori, gli spari che allontanano gli spiriti malvagi e la porta come rito di passaggio.
A Formigara c'è il canto della merla, durante i primi due giorni, dopo i cori si sparano colpi di fucile e si banchetta con vin brulè e salamelle, mentre il terzo si conclude con una drammatizzazione: uomini e donne si pongono l'uno di fronte all'altro, separati da una porta che si apre dopo che i due gruppi si sono punzecchiati col canto, permettendo a uomini e donne di abbracciarsi. A conclusione si accende un grande falò e si brucia il fantoccio della vecchia.
 



per saperne di più:


A. Cattabiani, Lunario, Mondadori 2002


R.G. Russo, Il Fuoco di S. Antonio, in http://www.mondimedievali.net/medicina/altomedioevo25.htm

M. Balice, Candelora – Imbolc, inhttp://www.strie.it/ruota_candeloraOG.html

J. Baltrušaitis, Il medioevo fantastico, Adelphi 1993




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