venerdì 25 novembre 2011

Halloween nel giorno che i morti ritornano



Con la festa di S. Martino, il cavaliere  patrono dei traslochi, che chiudendo la stagione contadina, ci traghetta verso l'inverno e il sonno della natura, termina il dodekaemeron, il periodo di dodici giorni quando il mondo visibile si mescola a quello invisibile; tempo di apertura dei canali con l'aldilà e di morti che si affacciano alle nostre case.
Il libro di Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi ci presenta un' interessante indagine, più che sulla festa di Halloween in sé, proprio sul culto dei trapassati e sulle tradizioni ad esso connesse.
Quando è uscito nel 2006 infatti erano forti le polemiche, come si spiega nel secondo capitolo, sull'opportunità di festeggiare Halloween, ritenuta da alcuni una festa commerciale importata dagli Stati Uniti, da altri una moda pericolosa che, banalizzando il sacro, avrebbe aperto la strada a nuove forme di paganesimo.
Gli autori, forti dei loro studi di antropologia, ci raccontano di come, in realtà, la festa di Halloween fosse “emigrata” nel nuovo mondo con i coloni irlandesi che “esportarono” la leggenda di Jack O' Lantern, il non-morto destinato a vagare alla luce di una lanterna contenuta in una zucca, per poi ritornare in Europa con la nuova colonizzazione commerciale.
Tuttavia, si racconta nei primi capitoli, la tradizione che i morti ritornassero nei primi giorni di novembre da sempre diffusa nelle nostre campagne, affonda le radici in culti pagani, sopravvissuti all'avvento del cristianesimo e, in alcuni casi, adottati dalla stessa chiesa.
I cortei allegri ragazzini, le questue e persino le zucche, erano, prima che arrivasse in Italia la moda di Halloween “commerciale”, nelle zone rurali, un modo per allontanare la paura della morte con speranze di rinascita e magari sentire più vicini i trapassati, mantenendo vivo il loro ricordo.
L'ultima parte del libro, non a caso intitolata “prima che si chiamasse Halloween”, dedicata al culto dei defunti nelle varie regioni italiane, ci mostra come caratteristiche della festa della Vigilia di Ognissanti, fossero presenti molto prima dell'avvento della televisione e della globalizzazione, addirittura in zone del tutto estranee alle influenze celtiche.
I morti che tornano mettono in alcuni casi spavento, come nella leggenda della “caccia selvaggia”: il corteo di cacciatori fantasma che attraversa le notti delle regioni del nord. In Sicilia sono invece presenze benevole che, la mattina del 2 novembre, portano doni ai bambini.
Più spesso sono  “presenze colloquiali”, In Trentino altro non chiedono che un giaciglio per riscaldarsi, ed è uso alzarsi presto la mattina per lasciare il letto caldo a qualche anima, o offrirle un piatto di minestra. In tutte le regioni si consumano  cibi rituali come minestre di ceci, fave e fagioli. Elementi che hanno in sé il seme della rinascita, così come i defunti, da sottoterra sono il seme della nuova vita in analogia con la natura che, morendo in autunno, porta in sé la premessa della rinascita primaverile. 
E il richiamo alla nuova vita sopravvive anche in molte tradizioni non più spaventose, ma divertenti e goliardiche, che richiamano alla fecondità : in Toscana, la zucca adornata di afrodisiaci peperoncini è chiamata la morte cazzuta, mentre in Abruzzo e in diverse regioni dell'Italia centrale,  S. Martino viene festeggiato, come patrono dei cornuti,in una specie di concessione alla sessualità disordinata, ammessa in un periodo senza regole, di commistione, come è il dodekaemeron, momento di caos che precede una nuova creazione.

E. Baldini, G. Bellosi; Halloween nei giorni che i morti ritornano. Einaudi 2006

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