Per
il mese di Aprile andiamo a Ferrara, al palazzo di Schifanoia, a
vedere il Salone dei Mesi.
Iniziato
da Alberto d'Este sul finire del 1300, il palazzo il cui nome
significa schivar la noia, fu ampliato da Borso d'Este tra il
1465 e il 1470 e arricchito dal salone dei mesi.
Ad
affrescare la sala parteciparono gli artisti della scuola ferrarese,
sotto la direzione di Cosmè Tura. Di attribuzione certa, dato che ci
sono giunti documenti sulle lamentele dell'artista per l'esiguo
pagamento, sono i mesi di marzo, aprile e maggio, attribuiti a
Francesco del Cossa.
Sulle
quattro pareti sono affrescati simmetricamente, divisi da paraste,
enormi quadri dedicati ciascuno ad un mese dell'anno. Dei primi due,
gennaio e febbraio, sulla parete sud è rimasto poco. Ogni mese è
diviso in tre fasce orizzontali: in quella superiore il trionfo della
divinità protettrice, quella mediana con i Decani e l'ultima con
scene di vita alla corte di Borso d'Este.
Aprile
è posto sotto il dominio di Venere, che vediamo alla guida di un
carro trainato dai cigni. Davanti a lei inginocchiato c'è Marte che
le rende l'onore delle armi, come in primavera gli istinti bellicosi
cedono di fronte alle lusinghe dell'amore. Nel paesaggio, dalla
prospettiva perfetta, dove sullo sfondo si vedono una città e rocce
fantastiche, si inseriscono personaggi abbigliati come ricchi
cortigiani dediti alla musica e alla conversazione. Sullo sfondo
dominano le tre Grazie, mentre tra la vegetazione di siepi di
melograno, sono accucciati lepri e conigli, simbolo di fecondità.
La
fascia mediana di ciascun affresco è la parte più enigmatica
dell'intero ciclo, tutt'oggi non decifrata con certezza. Il segno
zodiacale del mese, il Toro, è affiancato da tre figure umane, i
Decani.
Queste
divinità misteriose di origine egizia, che presiedono a ciascuna
decade per ogni segno, tramite i demoni potenziano l'energia dei
pianeti cui sono associati e dominando la porzione di dieci giorni di
ciascun segno zodiacale, formano il carattere di persone cose e
avvenimenti che ricadono sotto la loro influenza.
Lo
storico dell'arte tedesco Aby Warburg ne diede, nel 1912, una lettura
iconografica che è tutt'ora quella maggiormente accreditata.
Analizzando le fonti classiche, ma anche quelle arabe e indiane, ha
collegato i decani alla Sphaera Barbarica, ossia alle
costellazioni egizie che si affiancavano a quelle tradizionali della
sphaera graecanica, come si può vedere sul planisfero di
Denderah, ossia un soffitto di un tempio egizio che raffigurava la
volta celeste databile intorno al 36 a. C.
Lo
studioso tedesco ha trovato poi delle corrispondenze tra
l'iconografia dei decani e fonti iconografiche indiane, come se le
divinità pagane, con l'avvento del cristianesimo, avessero scelto la
via dell'esilio, un rifugio nell'estremo oriente.
Ma
come sono arrivate a Schifanoia queste figure? Sappiamo che la
consulenza astrologica per il ciclo pittorico fu di Pellegrino
Prisciani che aveva conosciuto i decani tramite Pietro d'Abano,
traduttore delle opere dell'arabo Abumasar.
I
tre decani del segno del Toro sono raffigurati come una donna vestita
di rosso con un bambino, un uomo con calzari alati e turbante che
tiene in mano una chiave e un personaggio che regge un drago.
Secondo
gli astrologi, ogni decade di ciascun segno è posta sotto il dominio
dei pianeti che governano i segni dello stesso elemento. Nel nostro
caso, trattandosi del segno di terra del Toro i tre personaggi
sarebbero quindi Venere, Mercurio e Saturno. Secondo Firmico Materno,
che dà l'interpretazione più accreditata dei Decani, ciascuna
decade era assegnata ad un pianeta secondo l'ordine degli stessi,
cioè Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio, Luna. Quindi il
primo Decano del Toro sarebbe mercurio, il secondo la Luna, e il
terzo Saturno. Personalmente accetterei la prima ipotesi date le
caratteristiche prettamente mercuriali del secondo decano, l'uomo con
la chiave. Elemire Zolla propende invece per la seconda: la grazia
mercuriale, la sapienza lunare, la malinconia di Saturno.
L'ultima
fascia, dove ci sono scene della quotidianità della vita di corte,
in un ideale collegamento tra gli astri e la vita di ogni giorno,
rappresenta il palio di San Giorgio che si svolgeva proprio in
aprile, in memoria del santo guerriero festeggiato il 23 del mese. Un
avvenimento strano dove si sfidavano, per il divertimento della corte
nani prostitute ed ebrei è qui raffigurato con estremo realismo e
gusto del particolare, ma con un accurato studio della prospettiva.
Si veda, ad esempio il duca che premia un buffone con una moneta, o
il ragazzo con il falcone, che, con le gambe al di là della cornice
crea un effetto trompe l'oeil.
e inoltre...
Ilaria
Miarelli Mariani, La Sala dei mesi in Palazzo schifanoia a
Ferrarahttp://www.italica.rai.it/rinascimento/parole_chiave/schede/schifan.htm
Aby
Warburg, Italienische
Kunst und internationale Astrologie im Palazzo Schifanoja zu
Ferrara (1912),
in La
Rinascita del paganesimo antico,
Sansoni, Firenze, 1966